Le piccole foglie scure del leccio si agitano spinte dal vento, di qua e di là, e inducono in me un senso ipnotico confortante.
Il cielo azzurro e poi scuro, e poi di nuovo chiaro, nel pomeriggio di un giorno senza tempo di un anno senza volto.
Fluttuo tra gli eventi, passati e futuri, raccogliendo il presente che mi si offre mutevole ed estraneo. Un passo e un evento; un giorno e un incontro.
Emozioni: tante, forti, nuove… tutte insieme, ravvicinate, condensate in una vita che non riconosco e dalla quale mi lascio sedurre.
Fluttuo, non cammino né corro. Sembra che il suolo non tocchi i miei piedi, e che l’aria mi avvolga come un nido sicuro: esisto, semplicemente, come accade ora e poi ancora e ancora.
Rannicchiata dentro il mio corpo,
sorpresa e un po' spaventata, ma curiosa: mi do coraggio per spostare ancora un
passo, fare un gesto, donare un suono. E ascoltare la risposta.
Avverto un senso estraneo di libertà, uno scongelamento
inquietante, in una corrente che mi porta al largo. Ho mollato gli ormeggi e mi
lascio finalmente portare.
Sorrido al vento che mi sfiora il viso e sposta i capelli con dispetto; spalanco gli occhi su un futuro che ignoro e di cui non mi importa.
Potrei viaggiare, potrei affondare, potrei smettere di respirare e lasciare che l’acqua sommerga il mio volto ed invada il mio corpo.
Potrebbe spegnersi il cielo o aprirsi il mondo, potrei rimanere così per sempre.
Voci, sguardi, parole che rombano dentro me, situazioni vissute e perdute, da una vita ad un’altra, per mille anni in un solo istante.
Sono qui, dentro me.
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