Una giornata
di sole e una decina di ragazzi sorridenti: dal calendario ammicca la
primavera, anche se le temperature si sono di colpo abbassate, ed io mi stringo
dentro il golfino pesante in cui mi sono raccolta.
Sorrido alla
mia giornata e a questa vita che torna a brillarmi sul viso.
Ho nutrito
il mio corpo con il riposo, e posato di nuovo i piedi sull'erba, sfiorata da
petali bianchi, spinti dal vento e sparsi dovunque, nell'aria e sul
terreno: sono i meli, che fioriscono all'unisono in questa terra che ne ospita
tanti. Meli selvatici, che accenderanno le fronde con i colori rossi dei loro
frutti, tra poco, e ieri, ed oggi ancora, nei miei occhi.
Immagini di
un mondo che mi accoglie da sempre, coi suoi verdi e coi suoi gialli, irrorato
dall'arietta leggera che mi scompiglia dispettosa i capelli: il cielo è
ampio, percorso da nubi che lasciano scorgere il sole, tra macchie di azzurro e
di grigio, oltre le vette smussate di montagne antiche, un po’ vestite e un po’
nude.
Ero nel
bosco, vicino ad un'antica costruzione di pietre: un tempo ci ha vissuto
qualcuno, su questo piazzale coperto di fiori e di piante spontanee, tenuto
ordinato dalle bocche affamate di vellosi animali.
Proseguo curiosa, e risalgo
un sentiero seminascosto, fino ad un boschetto in penombra, silenzioso e pieno
di odori pungenti. Il piede calpesta qualcosa che scrocchia, e un battito forte
di ali domina tutto l'ambiente: un corpo robusto, vestito di grigio e di nero,
si innalza veloce spostando il cespuglio spinoso su cui stava aggrappato.
Rimango un istante a guardarlo, rapita dal movimento di foglie che si propaga
nell'intimo spazio.
Procedo e
intravedo un'altra radura: prati verdi inondati dal sole, nell'armonia acuta e
incisiva di brevi cinguettii sconosciuti: sono i custodi del luogo, ma non
riesco a vederli, confusi tra i rami e le foglie.
Chiudo gli occhi e vorrei
stendermi al suolo, dormire per ore e sognare di me, quaggiù, con la gioia che
colma il mio piccolo cuore, inondata dal respiro del nostro pianeta.
Un suono che
a volte ho oscurato con gravi pensieri.
Adesso una
voce mi chiama, strattonandomi indietro, in un luogo diverso, in cui persone si
incontrano e scontrano, mosse da fili non visti, dirette verso obbiettivi non
troppo scoperti.
Ieri ero lì, camminavo nei pressi di un fiume, affondando i
miei passi in un molle gioco di fango e di acqua, con piccole vite scattanti
nell'erba d'intorno, e lenti volatili in cielo, a segnare il passo con striduli
suoni.
E quel mondo è ancora con me, sia pure in un ambiente fittizio, fatto di
voci e di suoni, di passi tra pavimenti e porte socchiuse. Qui solo braccia
protese a toccare la roba di altri, e grida di persone arrabbiate, che si
combattono aspre in disarmonico brutto accadere.
Ma ho curato
uno spazio vivace, di giovani e simpatiche vite, che come folletti del bosco sorridono a tutti, tirandosi scherzi giocosi e puliti.
Mi sposto
tra loro, osservandoli con un certo piacere, e ripenso a quel boschetto
privato, tra una radura ed un'altra, inondate di luce...