C'era una volta una pecora verde: era piccina, grassoccia e molto lanosa.
E aveva il pelo verde. Le piaceva brucare in terre libere, e non temeva nessuno. Anzi,
era aperta verso tutto ciò che incontrava e provava piacere nel vedere altri
viventi muoversi intorno. Un viaggio solitario, il suo, ricco di incontri, più
o meno fugaci. Zampetta dietro zampetta, e poi ancora, e ancora...Un po’
lenta e un po’ lesta, di umore incostante...
Beh, la vita non è poi così male - pensava trotterellando dentro e
fuori dal fragoroso ruscello: vedeva le trote veloci gareggiare tra loro nelle
vesti eleganti, ornate di oro e di rosso, come piccole pietre preziose poggiate
sul dorso, illuminare la scanzonata sfilata di fantastiche ombre veloci,
proprio come evanescenti pensieri.
Ma poi ogni tanto pioveva, e le sue zampe imbrattate dal denso fetido fango
in cui le toccava affondare, rendevano duro il suo viaggio. E lo rendevano
brutto, brutto e crudele. Allora, tra i brividi e il peso che la lana bagnata
riversava sul suo piccolo dorso, tra i tanti gravosi sospiri, il mondo perdeva
la sua luce fatata: la vita è pesante - belava - piena di orribili prove, e io
mi ci trovo dentro, senza averlo mai chiesto a nessuno... Il lungo
musetto rosa pendeva verso il basso, sempre più giù, e non aveva più occhi per
guardarsi d'intorno: tutto era lotta, era sforzo, una enorme infinita fatica.
Una enorme inconsolabile triste emozione... Tristezza e tanta fatica.
In quelle parentesi grigie sembrava adombrarsi anche il colore del suo
morbido vello, che pure sapeva donarle, nei momenti migliori, una fiera
alterigia.
Lo stesso colore, così le piaceva pensare, delle ali dei
piccolissimi insetti che, quando in estate lei correva tra i prati, le
saltavano via allegramente tra uno zoccolo e l'altro, omaggiandola di colorata
allegria. Un po’ verde, un po’ blu.... Certuni eran anche rubizzi!
Oh, quanto
le piaceva quel gioco, e correva qua e là, agitando un tripudio di colori
nell'aria, che la occupavano in sciami, e poi tornavano giù, tra le foglie,
pronti a venir fuori di nuovo al prossimo gesto. I grilli, che cantano tutta la
notte, e addolciscono la malinconia che l'immenso cielo stellato, a volte,
accende in sordina, con la delicatezza sottile di un elegante ladro notturno.
Una volta dei bimbi l'avevano incontrata per caso, mentre curiosava in giro
tra le valli della zona, e ne avevano talmente elogiato il colore... Un colore
fantastico - dicevano -, e lei ne rimase colpita.
Aveva a lungo creduto di
essere strana, con un certo chissà tra i riccioli indomiti che le vestivano il
corpo, come una brutta malìa capitatole addosso, senza un chiaro motivo. Se ne
andava pertanto da sola tra i prati, esplorando le terre che riusciva a
raggiungere, intraviste per caso e per caso raggiunte, in quello spazio variabile
e pieno di forme.
Ma poi, questa assonanza con i prati che le carezzavano,
profumandolo, il muso, la fece sentire speciale, e ogni suo ricciolo vibrava di
esuberante euforia. Un poco vanesia, aveva pertanto apprezzato quegli occhietti vivaci ed il piacevole stupore trasmesso.
Pecorilla, Pecorilla - ripetevano ancora le acute vocette -
corri con noi... E le porgevano fiori appena raccolti per lei, di colori e
misure diverse, accostando a quei gesti gentili spontanee e allegre risate.
Era
bello quel suono, evocava la fresca cascata che una volta l'aveva colpita a sorpresa,
mentre sbucava da un pertugio, tra le rocce che stava esplorando. Era freddo in
quel luogo, e umido, ma vibrava imperioso un fragore costante, grave e robusto,
sempre più forte man mano che lei pestava la terra franosa... Finché, la sorpresa:
un gelido getto le punse la groppa, e per un po’, forse, la offese. Ma, lesto,
il fresco elemento si riversò su di lei, donando ristoro alle zampe accaldate,
e sbuffandole addosso il profumo di menta che, tanta, sbocciava su steli
lunghissimi e folti là intorno.
E s'avvide, d'un tratto, del dono che le era stato elargito dall'incontro
con lo strano informe e veloce vivente: il suo pelo era diventato cangiante.
Il
vigore di quella mano invisibile aveva raschiato via dal suo corpo le erbacce e
le spine, aveva fatto volare via quegli odiosi semini appiccicosi di certe
orribili piante selvagge, e le aveva mostrato che veste preziosa avesse da
sempre condotto con sé. Si specchiava sorpresa nell'acqua raccolta
intorno al suo piccolo corpo ricciuto, e accoglieva da dentro il tepore del
sole accecante, che brillava sull'acqua, in certi punti soltanto.
Pecorilla, Pecorilla, gioca con noi... Correvano insieme, quei corpi diversi,
ognuno a suo modo, ma con la stessa gioia vivace accesa dal sole e dal terreno
odoroso, punticchiato da mille colori e da strani viventi che volavano bassi,
saltavano gai e strisciavano a scatti, nascosti nell'erba un po’ alta e un po’
rada.
Una piccola pecora verde, ed alcuni bambini dall'età indefinita.