Linko qui l'articolo, e procedo
comodamente, agganciandomi al commento pubblicato da DOK a fine pagina, nel
quale identifica, infine, il robot con un modo di
computare.
Quel modo che spesso si
evidenzia anche in certi comportamenti degli esseri umani come esecuzione di un
programma - che sia immesso attraverso una morale, una tradizione, una certa
cultura esplicitamente o implicitamente appresa.
La riflessione esplicitata non gira
intorno al modo, ma al contesto in cui tale comportamento viene
esercitato, ovvero alla direzione per il raggiungimento di quali obbiettivi.
Gli obbiettivi che un uomo dovrebbe
perseguire sono quelli rispettosi della sua natura, e devono quindi essere
funzionali alla sua natura in primis, e per quello specifico
individuo in seconda (ma pur sempre primarissima) istanza.
Riuscire ad eseguire una procedura
In maniera ottimale è una buona, buonissima cosa... Ma bisogna far
attenzione agli obbiettivi prefissati. E alle reali motivazioni che ci spingono
verso di essi.
Ovvero: la dinamica in atto mi è di
qualche utilità? Mi fa bene? Mi danneggia? Mi è indifferente?
In quanto esseri viventi noi siamo
anche esseri economici, e ciò nel senso etimologico del termine, quello che
indica cioè il rispetto delle leggi del nostro ambiente - la cui prima
concretizzazione è proprio la nostra persona.
E se le cose stanno così, allora ad
uno sforzo, ad un lavoro, deve corrispondere un vantaggio.
Se ci guardiamo attorno, e se
riflettiamo sul nostro stesso agire, ci accorgiamo che spesso, nel fare,
andiamo in perdita... Che "il gioco non vale la candela".
E allora dovremmo fare un altro
passo più indietro e chiederci perché abbiamo perseguito
quell'obbiettivo. Obbiettivo non conveniente.
Spesso le risposte conducono
all'intenzione di altri che si sono imposte in modo subdolo, melenso,
inconsapevole - o anche brutale - sul nostro fare.
L'ho fatto per lui... Le faceva
piacere... Me lo ha chiesto con tanta insistenza...Temevo che poi ci sarebbero
rimasti male...
Emozioni: il canale prioritario
attraverso cui passano le fregature. Lo sanno bene i pubblicitari. Lo sanno
bene i furbi.
Lo sanno male certe persone
sensibili.
Un buon robot non prova emozioni,
segue la sua routine, nel pieno rispetto della propria natura.
Un buon essere umano dovrebbe fare
altrettanto, verificando di volta in volta se le emozioni che lo conducono sono
sane (per lui) o devianti.
Perché a volte, le emozioni, sono
appositamente indotte... E il buon essere umano sensibile, se non sta attento,
rischia di perdere se stesso agendo in modo sbagliato -ossia non funzionale
alla sua natura di uomo e di individuo.
Uomini e robot: le macchine fanno
ciò che ne giustifica l'esistenza; gli umani impegnano spesso la loro esistenza
a giustificare ciò che fanno.