Ho avviato l’auto,
come ogni mattina, per andare a lavoro, ho guardato flebili fiocchi di neve poggiarsi sul vetro e decorarlo con disegni ipnotici, frastagliati. Un breve
momento, prima che il sottile braccio del tergicristallo portasse via tutto.
Il cielo
bianco, il freddo intenso, i miei occhiali che si appannavano, in attesa che il
motore consentisse all’abitacolo di assumere una temperatura accettabile.
Una giornata
fredda, a seguito di una notta ancora più fredda, che mi ha gelato il cuore e i
pensieri.
Ieri sera la
chiamata di una conoscente: mi chiedeva di andare a prenderla alla stazione del
treno. Mi sono mossa subito, aggravata dal sonno, chiedendomi perché, alle
dieci di sera, di domenica, quella donna si trovasse da sola su un treno. Madre
e moglie, tre bambini in casa.
La vedo arrivare lenta, con andamento stanco.
Apro lo sportello e la vedo piangere, lo spingo verso l’esterno per farla
entrare e mi dice che il marito è ubriaco e ce l’ha con lei, che l’ha insultata
con violenza, che è già successo ed è stanca, e ha paura. La porto davanti alla
sua abitazione, e poi arriva lui.
Incontro una
persona totalmente diversa da quell’uomo mite e gentile, sempre disponibile,
che conosco da qualche anno: mi si para davanti una furia, il forte odore di
alcool, urla con il corpo e con la voce; mi fronteggia, ha lo sguardo fisso su
di me mentre chiede di chi sia la colpa. Parole prive di senso, il suo
corpo è teso e scattante, e continua a venirmi addosso.
Potrebbe darmi una spinta,
potrebbe toccarmi, intanto che indietreggio e cerco di farlo ragionare con la
voce calma che cerco di far risultare ferma. Ora ho paura anche io.
La esorto a chiamare i carabinieri mentre lo trattengo per guadagnare tempo. Ora lui se la
prende con me, urla e minaccia… Non so come, riesco a chiamare un amico al telefono
gridando che è urgente, che mi stanno mettendo le mani addosso.
Il tempo si
dilata e si ferma. Il buio, quella furia e io che cerco di tenere la giusta
distanza tra noi; mi sposto, indietreggio, gli parlo guardandomi intorno. I
suoi occhi spalancati sui miei: non mi vede. Un’esperienza già vissuta in un
tempo lontano: l’aggressione da parte di un uomo altrettanto fuori di testa.
Quella volta, però ero sola, e una sua distrazione mi ha permesso di darmela a
gambe.
Di nuovo a
cercare soluzioni in una situazione disperata. L’amico è arrivato, e poi i
carabinieri, in coppia, le mani sulla pistola. Stavolta non sono sola, ne
usciremo.
Urla, pugni
sui muri, salti, parole, lacrime, la donna barricata nella mia auto, i bambini usciti
di casa, la ragazzina che si stringe a me senza dire una parola. Poi i
carabinieri, altre parole, la comprensione, il dispiacere, il freddo sempre più
intenso e i pensieri.
Li abbiamo visti entrare in casa con loro, invitandoli a
calmarsi entrambi, che siccome non è stata data violenza FISICA, non è possibile fare altro. Li abbiamo lasciati lì, nella notte, nel freddo, con tre ragazzini
spaventati. Violenza fisica??
La Giustizia
non può proteggere nessuno: mandano due uomini a tentare di far ragionare un
uomo che la ragione l’ha persa, a supporto di una donna terrorizzata.
Mi sono
tirata dietro la porta di casa e ho tirato il chiavistello: i pensieri si sono
ammassati furiosi, come il vento gelido che fischia dietro i vetri. Una
storia già sentita: finché non sei stata picchiata nessuno può intervenire. Le
minacce, le urla, la violenza NON FISICA non conta perché non è violenza: è solo
rumore.
Propaganda,
ci riempiono di parole e di slogan, è tutto un parlare di femminicidio e di
violenza sulle donne…Poi accade qualcosa, e chi è chiamato a intervenire ha le
mani legate.
E gli
esseri umani: persone che si trasformano, che non riconosci. La persona più
mite diventa un pericolo, ti minaccia. Tutto in movimento, tutto senza
controllo. Viviamo in un mondo così. Una bambina che ti si stringe contro,
affonda il viso sul tuo petto e non parla. E tu dici parole che non riesci a
sentire, che non sai da dove vengono, e vuoi solo che sparisca tutto questo e
che quelle piccole orecchie, che cerchi di chiudere con le mani gelate, non
sentano.
Ma non puoi
cancellare gli eventi. Le situazioni accadono, lo ripete continuamente un
amico, accadono e tu puoi solo viverle, e devi prenderne atto.
Siamo umani,
siamo fragili e siamo tutti continuamente sotto pressione. Dobbiamo aiutarci,
dobbiamo capirci – soprattutto – abbiamo il dovere morale di ascoltarci.