La pioggerella leggera scende rimbalzando sulle foglie rigide del fico, all'entrata, e cade giù sul mattonato, rendendolo scuro e lucido.
L'ombra della notte appare più cupa, ma la gentilezza argentina di questa musica distende l'umore. Che stasera è triste e riflessivo.
Si conferma il vecchio detto, per il quale è vietato gettare perle ai porci: un
modo pittoresco di invitare alla cautela durante il miracolo del dono.
Verificare, prima, è necessario. Riuscirci, almeno, per davvero.
Noi diamo nel piacere, concediamo col nostro una parte di noi stessi, e lo
facciamo nel godimento dell’incontro; nella condivisione amiamo ed eleviamo –
noi e gli altri – in una dimensione altra che sa di gioia e intimità.
Può accadere però, con l’andare degli eventi, che quel momento, quel
toccarsi di anime assuma un significato differente, come una forma che,
illuminata altrimenti, rivela curve brutte e inattese, non precedentemente
colte.
La mensa, allora, non nutre più, e forse un po' disgusta.
Inizialmente il dubbio, l’incapacità di convenire con il nuovo scenario, intanto che l’amarezza si estende, gradualmente, come una pozza d’olio denso sul selciato.
Accelera il ritmo dell'acqua leggera, lì fuori, e l’oscurità si fa più
grave fino ad estendersi tra queste mura che mi accolgono con il calore di un
nido e di una culla protetta.
Vediamo senza cogliere, leggendo parole che suscitano, in altri, mondi
opposti.
Estranei tra diversi: viviamo questo, senza poter ascoltare, nel nostro
essere finitamente umani?
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