Scrivo questo post in risposta alle
riflessioni di De Negri su "i modi del conoscere" pubblicate su Agoravox nei giorni scorsi.
Ringrazio innanzitutto l'autore per aver
citato la mia persona, compiaciuta del fatto che ciò che scrivo può stimolare
riflessioni in chi mi legge.
Testo
Dunque, l'autore ci dice che l'uomo in cerca di
conoscenza può appellarsi alla capacità di astrazione, all'istinto e
all'esperienza diretta. Lo stesso può anche far uso dell'arte dissimulatoria,
ed utilizzare a suo piacere la menzogna per dire la verità.
Nell'elenco dei molteplici strumenti descritti e
corredati di esempi applicativi, ne è stato però trascurato il più elementare,
che proprio a causa di tale sua elementarità naturale tendiamo un pò tutti a
tralasciare, dimenticando di riconoscergli la giusta importanza.
Provvedo quindi immantinente a colmare la lacuna.
Da sempre gli uomini si sono espressi attraverso le
immagini: abbiamo appreso molto delle civiltà che ci hanno preceduto solo
osservando le immagini che ci hanno lasciato, sin dalla siddetta
"preistoria".
Attualmente viviamo in quella che i sociologi chiamano
"la società delle immagini", bombardati da esse e desiderosi di
riceverne ancora: non sappiamo proprio farne a meno. Gli stessi pc, non
sapremmo più utilizzarli se perdessero quelle capacità grafiche che ne fanno
tanto lievitare il prezzo.
Le immagini ci circondano, ci spingono a provare
emozioni, a fare cose ed azioni, e ci agevolano negli sforzi di
comprensione. Lo fanno in modo corretto, a volte - il disegno delle posate
vicino ad un piatto presso una zona di ristoro, ad es. - e perverso in altre -
basta osservare qualche spot pubblicitario...
Il tanto sovrastimato Freud ha definito le immagini
come il linguaggio dell'inconscio, il linguaggio
universale che accomuna gli uomini e li allerta sulle coordinate di
quanto stanno esperendo. Purtroppo Sigmund inseriva le sue
riflessioni in un contesto limitato a dinamiche meramente sessuali,
ma ricordiamoci pure che la sua "Interpretazione dei
sogni" risale al 1899.... Insomma, era figlio del suo tempo e di una
cultura storica ben definita!
Con Jung il discorso cominciò a farsi serio...
Anche se sarebbe più corretto dire che tornò a farsi serio.
Si, perché in passato - un passato davvero lontano - gli uomini davano molta
importanza a questo linguaggio.
I medici stessi tenevano conto dei sogni dei loro
pazienti che, osservati in concomitanza con la situazione personale, usi e
abitudini degli stessi, emergevano come fondamentale strumento diagnostico.
E questo lo ritroviamo nelle culture più antiche e più
distanti tra loro, da oriente a occidente.
Da noi, in occidente, fu per via dell'intervento del
clero, con l'avvento del medioevo, che lo studio delle immagini venne bandito.
Accusati di paganesimo e condannati a morte se avessero
proseguito l'esercizio di tale scienza, gli esperti furono costretti
al silenzio, e la loro arte indirizzata all'oblio.
I barbari scorrazzavano liberi, predando un potere che
solo la Chiesa riusciva faticosamente a contrastate: perché vi fosse forza
(potere) era necessaria l'obbedienza del popolo ad un solo sovrano che, per
grazia divina e con incontestata autorità, tenesse docilmente
unita la gente nel rispetto di un ente (rappresentante e portavoce terreno del
divino) riconosciuto nel ruolo debitamente sponsorizzato di dispensatore unico
(unicamente autorizzato dall'alto, appunto) di conoscenza e salvezza.
Molti studiosi migrarono dal decadente Occidente in
direzione dell'illuminato Oriente, e lì diffusero e approfondirono le proprie
conoscenze, contribuendo alla traduzione di testi classici e al dialogo
scientifico. Il convergere di culture diverse rese possibile, in quei luoghi,
la creazione di scuole e di centri culturali importanti, che attiravano
a loro volta scienziati da ogni dove.
Gli scambi economici poi, e gli spostamenti dovuti
alle stesse crociate, riportarono in patria quella stessa cultura che ivi era
stata oscurata e aveva così contribuito al perseverare dei tempi bui e del
tragico processo involutivo ben noto.
In Oriente però quei saperi avevano raggiunto elevata
eccellenza, e fu proprio per merito del loro ritorno che prese piede
quell'epoca viva che abbiamo chiamato "Rinascimento": l'epoca in cui
l'uomo, riscosso dallo scuro torpore, cominciò a reindirizzare curiosamente lo
sguardo verso se stesso, verso il proprio sentire e i propri
strumenti.
Si tornò a parlare di immagini, si rispolverarono gli
antichi trattati sulla lettura ed il valore dei sogni, e si è ripreso un
cammino che non ha trovato più interruzione.
Non mi dilungherò sulle fanfaronate di chi scimmiotta
la scienza per bieco interesse commerciale: ce n'è per tutti e in ogni campo...
Figurarsi sulla lettura dei sogni!
Aristotele, attento studioso della natura e
dell'essere umano, nonostante la fama di efferato empirista, scrisse nel De
Anima che il sonno serve a recuperare le energie consumate, e i sogni
che intanto intervengono hanno a loro volta una funzione importante per
indirizzare le azioni del giorno e comprendere quanto accade nel nostro
interesse.
E sono stati in tanti a pensarla così, prima e dopo di
lui.
Molti scienziati hanno trovato importanti risposte
nelle immagini che hanno donato a se stessi durante il riposo, ieri come oggi.
Si, ma come comprenderne il senso?
La prevaricante modalità razionale ha intasato i
nostri canali adibiti alla capacità di comprendere, offuscando gli stessi
processi intuitivi: una coltre di ipotesi e dubbi soggiungono così ad oscurare
la naturale visione. Assetati di conoscenza, sempre in cerca di nuovi
strumenti, abbiamo dimenticato quelli che, primi, ci ha fornito la nostra
natura, e che pure permangono in noi funzionali.
La natura ci ha fatti ed essa ci guida attraverso se
stessa, con allerte immediate che noi trascuriamo.
La natura ci parla secondo se stessa, usando un
linguaggio che può andar bene per tutti: l'immagine è il modo più rapido di cui
noi disponiamo per recepire un messaggio.
E dunque, come ignorarla?
Così, quando al risveglio rimangono vive
le impressioni visionate nel torpore notturno, attenzione: si tratta di
noi! E' importante rivolgersi ad esse con il giusto rispetto e
con la dovuta umiltà.
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