Gli esseri umani sono oggetto, da tempo, di bizzare e discutibili definizioni ad opera di filosofi, scienziati e studiosi di ogni sorta, frequentemente citati e spesso in maniera impropria: gli uomini sono lupo ai loro simili; sono esseri sociali; gli uomini sono individui fragili; non si può parlare di individui ma di connessione reticolare; enti tra gli enti o soggetti produttivi; evocatori di senso...e chi più ne ha più ne metta.
Quando ragiono
con qualcuno ho l'abitudine di farlo riflettendo sulla mia
propria esperienza: come altri, infatti, mi interrogo sul senso della
vita, cercando di coglierne i fili sottili.
L'essere
umano mi attrae e mi incuriosisce nei suoi molteplici aspetti che, francamente,
non esauriscono alcuna delle definizioni diffuse. Una cosa però l'ho colta: ci
appartiene una strana realtà, che sa spingerci oltre l'oggetto materico
fino ad entrare nell'altrui intimità. C'è chi parla di anima, di
intuizione, di empatia e campo semantico…una forza comunque che inibiamo da
soli schierandoci a frotte nel confortante (per alcuni) terreno della sovrana
Ragione. E questa tiranna ci illude, con regole e vari principi - per
altro, fornite da altri par nostro - di riuscire a venire a capo di tutto.
Noi,
che nulla riusciamo davvero a tenere, vediamo dissolversi spesso convinzioni
accanite, come granelli di sabbia in discesa tra le dita impotenti.
Ignorare una tale premessa ci spinge a comportamenti ed azioni nefaste - per noi e per chi ci sta accanto.
L'esperienza ci pone in relazione continua con altro e con altri, e qui vengono il bello ed il brutto, qui inizia la parte più dura: parti a confronto che vanno dovunque, gravate da insegnamenti pregressi e da esperienze di vita. Non enti chiusi e ben definiti, ma potenzialità in trasformazione continua, con il potere di dare e di prendere, ed anche quello di imporsi.
C'è chi
ascolta, chi chiede e chi dice. E poi c'è chi se ne rimane in disparte,
rimugina e poi, magari, a sua volta si espone: é la danza di un fare
che é l'agire comune. Qui si apre un mondo che riflette tutti gli
strati dell'arcobaleno, in ogni sfumatura possibile.
Agire comune in un mondo condiviso, spesso però in modalità ottusa e perentoria: ognuno per sé, verso obiettivi, anche fugaci, che sembrano a volte oscurare il contesto.
Ecco che
quindi chi si riunisce per godere un po' di amicizia finisce per perderla,
in virtù del rispetto di azioni avviate e di regole a ciò inizialmente
conformi. Le regole, questo conta...e l'uomo che arriva si adatta! Costoro non
sanno vedere né udire il gioco sociale più serio, dalle forme mutevoli, che
chiede adattamento al momento. Non sanno cogliere, purtroppo, lo sguardo
dell'altro, e l'appello di chi si presenta senza troppe parole.
La bella
rotondità dell'uovo si rompe e ne fuoriesce il contenuto prezioso: disperso e
buttato via scioccamente.
L'incanto è
perduto, e una pioggia di stereotipi e sciocche parole rivelano l'egoismo
di approcci limitati e violenti, fino alle offese e alle uscite di scena.
Che dire,
signori, se non che l'uomo, la bellezza, non sa proprio goderla, e ancor meno
sa tenerla con sé.
Essa accade,
magicamente, da sé, ma il rigidismo di visioni oscurate si fa artefice
dell'incombenza del buio.
La
capacità di sorridere, signori miei, è davvero appannaggio di pochi...
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti sono soggetti a moderazione.