Senso di confusione diffusa, apro e chiudo gli occhi di continuo. Sono
stremata. Ascolto impotente il mio corpo: duole dovunque e in maniera
profonda. Ispiro ed espiro, lentamente, ma non passa. Posso solo far
trascorrere il tempo. Pensieri e lacrime raccolte, ammucchiate lì in fondo alla
gola, che spingono per travasarsi fuori. Con i pensieri, con il dolore, con
questo vuoto assurdo. Persone amiche vanno e vengono nella mia casa, rumore di
fondo in questa landa deserta.
I sorrisi, le parole, e le lancette dell'orologio che segnano il
passare del tempo. Ancora notte e ancora giorno. Così ancora una volta. Il
grembo che duole e queste braccia che non si chiudono più sulla vita.
I cavalli nel campo vicino hanno ripreso a nitrire, si fanno percepire da
qui: sono le sole voci, con quelle dei corvi, che riesco ad apprezzare.
Navigo sola in questo fiume profondo e scuro, che sembra fermo e rischioso.
Fatico ad ogni respiro, ad ogni tentativo di andare oltre. Non si esce,
non riesco.
"Tu, questo, lo devi superare".
E ancora la mano pesante sui miei capelli arruffati: "Mari, non
piangere..."
Te ne sei andato così brutalmente, il tuo corpo che mi attendeva sospeso e
inerte in quella stanza grigia. Mi aspettavi così per un ultimo triste
saluto. Io sono ancora lì, adesso, a tenerti sospeso chiedendo aiuto a
chiunque, con una voce a me ignota che urla e urlava. Mentre la vita,
arrogante, restava aggrappata al mio corpo, davanti al tuo, che la vita l'aveva
già persa. Io sono ancora lì, in un abbraccio estremo e solitario, in una pozza
di dolore, a vivere l'assurdità di una tragedia impossibile, ma reale.
La tua voce, il tuo viso, ed un corpo divenuto leggero: tutto si confonde
nel pensiero tardivo, nelle immagini notturne e nelle lacrime che scendono da
sé, senza preavviso.
Non serve stare lì, so che devo venir via da quella stanza, dal colore
abbagliante di quella lampadina accesa, dal tuo braccio inerme che
ho carezzato chiamandoti per nome. Ma non riesco a venir via, come
quel giorno, non ci riesco.
Un dolore perverso che vuole restare, un legame con la solitudine che hai
vissuto mentre preparavi quel salto che avrebbe chiuso per sempre lo
sguardo sul mondo. Da solo, in silenzio, senza avermi vicina.
Daniele, il tuo nome, e un amore profondo.
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