Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

venerdì 17 marzo 2017

"GUAZZA, ANTIGUAZZA, E SGUAZZATURA"



Un amico risponde ad una mia domanda, chiarisce una dinamica in essere, e poi mi invita a scrivere un post. 

Posso forse esimermi?

 Non sarebbe rispettoso nei confronti del suo impegno dimostrato, del suo interessamento, e della voglia che ho di giocare. 

Quindi, amico provocatore, questo post è qui grazie a te.

Io sono nata a Roma, una città promiscua, ricca di vicoli e di scorci interessanti: geografici, psicologici e linguistici.

Chi legge ciò che scrivo lo sa bene che osservo sempre con grande attenzione il modo in cui le persone usano il linguaggio. Il presupposto da cui muovo non cambia: ogni lingua esprime un mondo, una visione del mondo, il modo in cui chi la utilizza si relaziona a ciò e a chi gli è d'intorno.

 Se ci scomodiamo a forgiare espressioni per indicare un concetto, una relazione di azioni, o semplici oggetti, ciò non avviene per caso né per noia, ma perché riteniamo quei "contenuti" di una qualche importanza... Una lingua, direbbe qualcuno, esprime una visione del mondo, una Weltanshauung
E come negarlo?

E così alle lingue comuni si affiancano i variopinti dialetti, dall'andamento diverso e non sempre gradito... Come ornamenti vivaci, e a volte un po' grevi, su una veste ben fatta. 

Nella mia città ormai il dialetto è quasi scomparso. É presente nei libri di scuola, per merito di grandi poeti a tutti ben noti. Ma per ascoltare le sagaci espressioni romane, al di là di certe vecchie taverne, bisogna che si vada in quei vicoli, con lo sguardo e le orecchie ben ricettivi. 

Soprattutto in estate, quando mi rimane possibile, amo uscire di casa al mattino, in orario leggero, e camminare per ore, con il naso all' insú (ma anche di lato), in un libero andare per le strade roventi della storica urbe. 

Tutti i miei sensi in ascolto, accolgo i suoni e gli odori, regalando a me stessa un tempo privato, e vago tra gli altri, che siano i numerosi turisti accaldati, passanti d'occasione, o normali residenti nostrani. 

Cammino tra loro, silenziosa e curiosa, ogni tanto una tappa per rinfrescare la testa sotto il fresco zampillo di un vecchio nasone
Sempre più rari, purtroppo. 

E così vado avanti: sandali ai piedi, scoppoletta indossata al contrario sul capo, il sole sul volto e i capelli bagnati di fresco.

Incontro così finalmente la grande città, con le sue piccole piazze, guizzanti fontane, sontuosi e antichi palazzi, e le chiese, ornate coi marmi di vari colori e piene di quadri e di storia, che è dipinta sui muri, nei musei, e tra la gente, per strada...

Gli odori che cambiano, spostati da piccole brezze, tra lame di luce accecanti che sbucano un po' qua e un po' la, dietro gli angoli degli antichi palazzi. Lo sfarzo, i giardini, e i resti infiniti di antiche vestigia. Cocci, come li ho definiti volta.... Antichi e famosi, ma semplici cocci. 
Roma ne è piena.

Nel web ho trovato notizie, leggende, usi e abitudini: qualcuno riporta canzoni, modi di dire e di fare... Se cerchi, puoi trovare una storia per ogni vicolo scuro che costeggia i palazzi. Feste ed eventi, passaggi importanti e credenze, in un mondo che ancora rimane, non visto, come sacra memoria dei luoghi.

 Ed è strano osservare così tante persone che calpestano il suolo, dopo tutto quel tempo, dove tanti altri sono vissuti, hanno cantato e lottato, impegnati nella banalità di azioni comuni. 

Ed io che sto lì, ad unire i punti di un gioco, tra presente e passato, memorie e leggende, nel mio attuale e curioso presente. 

Osservo, annuso, ascolto...Un passo alla volta, sotto lo sguardo attento di rapaci gabbiani che si sollevano in volo dalla superficie del fiume per riscendervi giù, un poco più avanti, li dove l'arco del ponte regala loro una larga macchia di ombra.

Il sole nell'aria e un senso fresco di libertà.

La lingua, dicevo, il dialetto, e la gente del luogo che si rivolge a chi incontra.
Espressioni di un comune sentire e di un comune vedere, di un modo che rende a volte compari.

Dare la guazza: una delle tante espressioni romane, un modo un po' immaginifico per illustrare un concetto, per indicare un sistema discreto di raggiungere un certo obbiettivo.

A Roma la guazza è la brina, che si sofferma brillante sull'erba al mattino. Chi vi passa attraverso la raccoglie senza nemmeno avvedersene, e se la porta addosso ignorata.

Col tempo quell'acqua avrà vinto, dopo che, lentamente, avrà conquistato la stoffa ed intriso le vesti e i calzari.

Ma questo dove ci porta? Ad un sistema un po' furbo che alcuni mettono in atto per raggiungere il proprio obbiettivo. Lentamente si lavora nell'ombra, operando l'inganno non visti, intanto che la vittima ingenua si lascia distrarre da altro. 

Il meccanismo è perverso, perché silenzioso e graduale... Un lavorio ben ben misurato che porterà il risultato a sorpresa, inatteso, ma in modo davvero efficace.

E quindi noi diamo la guazza a qualcuno nel dirgli che si, è proprio così che stanno andando le cose, secondo quel modo che a lui piace proprio pensare... Diciamo di andare al suo passo, ma stiamo muovendo altrimenti.

Una buona difesa da mettere in atto è perciò l'antiguazza... 
E questa, direte, che d'é?? 

Un semplice antidoto, che richiede altrettanto lavoro discreto, ma astuzia maggiore. Un gioco di fino che accoglie la guazza che l'altro ci dona con lo scopo di rendere la stessa medesima giostra a chi ha avuto la prima intenzione. 

Tu mi sorridi ed io sorrido al sorriso studiato che tu mi hai donato soltanto coi gesti. Il mio cuore è ben desto però, e così la mia mente, e come se fossi uno specchio, rimando al mittente quel gioco perverso.

Il contravveleno è un guazzabuglio al quadrato: il gioco che gioca colui che vuole giocarmi.

E dunque, a tal punto cos'altro rimane? 

Tra guazza e antiguazza, nel gioco sottile, chi vince e chi perde: chi sta nella guazza e chi invece si gode la sguazzatura finale.  










12 commenti:

  1. 8-- Il voto che presi in latino, per la prima volta in terza media. A te, qui, 7++: i + sono il guazzetto di condimento e sapore consolatori,:-) che sarebbe come dire: fa' la festa co' l'ojetto. I meno - miei 8 senza condimento, ovvero un 8 colla guazza, che é quasi 8 ma senza +. Io ce sguazzerebbi 'n tantino e 'n 'nticchia deppiú, no ppé fa manfrina, quant'acciocché pe' arriccontà come li sogni ce antiguazzeno alla granne quanno ce prennemo pe' li fonnelli da soli pensando d'esse ganzi. Li sogni ce antiguazzeno sur serio e ce dicheno: "Aho! Ma lndove stai annà, nun lo vedi che davanti a te ce stà na sguazzatura de mm... Te piace?! Spòsatela/o.".
    I sogni non sono eufemici, dicono chi ti sguazza e a chi toccherà la sguazzatura se non prendi subito provvedimenti.
    Bene! Un buon commento per dare guazza, antiguazza e... Alla prossima.

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  2. Beh...Meglio del 3--- Che presi in greco in quinto ginnasio!!!
    Niente guazza, niente antiguazza, e figurati chi ha sguazzato!!!! :)
    Si, i sogni ci antiguazzano, ma se ci muoviamo nel modo giusto, poi, nella sguazzatura ci stiamo noi!!!

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  3. Ciao Marina. Sono nuovo sul tuo blog. Leggendo questo post (sono capitato per caso) mi hai fatto venire una grande nostalgia di quando ho vissuto a Roma per 7 anni per motivi di studio. Grazie. Incomincio a seguire il tuo blog messo tra i preferiti. Se ti va, vieni a trovarmi sul mio. Ti aspetto!

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  4. Benvenuto Giuseppe, fa sempre piacere ricevere risposte positive. Spero che quanto scrivo non provochi solo nostalgia, ma stimoli e riflessioni personali, e che desti una certa sana curiosità.
    A me piace l'interazione perché sono proprio gli incontri, con i loro scambi, che accrescono ed affinando la conoscenza. Ed é proprio la conoscenza che puó rendere il fare migliore e più utile, funzionale. Ma questo lo sai bene... Ho letto che anche tu hai trascorso del tempo con i filosofi...
    Vado a curiosare tra le tue parole..
    A presto.
    :)

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  5. post scritto sotto tortura? :)
    Scherzi a parte, ci hai regalato una descrizione fresca ed esaustiva....non sempre riesce a tutti.
    un caro saluto

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  6. Grazie Antonio...No no, niente tortura...Di certo, non mentre scrivevo!!
    :)
    Un caro saluto anche a te e alla tua poesia...

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  7. Ciao Marina,
    ho ripercorso con te le vie di una Roma che nonostante la frequenti spesso conosco appena... Ho sentito i gabbiani e rivissuto il calore dei sandali sulle pietre lucide e calde...Grazie
    Il linguaggio e il dialetto raccontano bene la storia di un popolo. Oggi quella guazza, la brina, sarebbe difficile da calpestare perché di erba ormai se ne vede poca in gior... MA questo mi ha fatto pensare a quanto antico fosse questo detto che non conoscevo...
    Ho crecato disperatamente un analogo modo di dire in piemontese ma, per il momento, non mi è venuto in mente. Credo che attesti pienamente la correttezza del tuo ragionamento: ogni cultura (e in Italia ce ne sono molte) ha un linguaggio che risponde all'ambiente, ai costumi e a ciò che si vive...
    Un abbraccio e buona domenica romana

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  8. Si, Elena, di brina ormai molto poca..Troppo cemento, purtroppo!
    Ma di individui che sguazzano nella guazza che danno ce ne sono fin troppi, e non credo sia un fenomeno limitato ad una sola città!! Sarebbe utile istituire scuole di antiguazza...
    ;)
    Buona domenica torinese. :)

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  9. hai fatto una bellissima descrizione della tua Città quasi come un pittore alle prese con la sua tela.
    Roma rivive anche grazie alle interpretazioni cinematografiche regalateci da Alberto Sordi, Verdone o se andiamo un po indietro nel tempo, Aldo Fabrizi.....
    Molto bello il tuo blog, complimenti!

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  10. Grazie Antonio! Allora... Al prossimo post!
    ;)

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