Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

lunedì 25 luglio 2016

Deflagrazioni


Terrorismo. Oggi parliamo solo di terrorismo. Dell'Isis, dei lupi solitari, di cellule attivate, di pazzi fanatici e ortodossi che si lanciano tra la folla con un tir, o imbottiti di esplosivo.
Il terrorismo é la fuori, pronto a colpire, vestito da islam, e rende pauroso quell'oriente che fino a ieri sembrava tanto esotico ed accattivante.


Ero a cena con delle persone, in un clima gioviale e scanzonato. Non me ne sono neanche accorta, ma ad un certo punto della serata un venditore ambulante ha lasciato sul tavolo un oggetto di plastica, forse un telefono. I convitati scherzavano sul fatto che fosse un oggetto obsoleto, di vecchia fattura.
Mi è uscita una domanda sciocca, mi é  venuta così, in modo leggero, col sorriso sulle labbra: "non é  che esplode?"


Le espressioni dei presenti sono cambiate di colpo. In un attimo il sospetto si é  aggrappato a quei volti.  Un attimo. Un'ombra. Poi è  tornata l'allegria.

Vivo ogni giorno a contatto con molte persone: alcune educate, alcune ignoranti, altre aggressive... Chi ostenta il suo ruolo per rassicurare se stesso, e chi lo fa per abusare degli altri.

Ogni giorno io prendo la metro e passo vicino ai due militari che sono stati predisposti, armati di tutto punto, davanti all'entrata. Sono lì per rassicurare la gente, mi viene detto. Anche se a me, passare vicino a persone armate, non rassicura per niente.

Ma poi entro nei vagoni e vedo accadere di tutto: persone pigiate le une contro le altre che si insultano e si strattonano, e si gridano contro parole brutali e offensive.

I servizi non funzionano, ma vanno comunque pagati. E le persone ne hanno bisogno per fare quelle cose che sono loro necessarie per vivere.


Mi reco ogni giorno nel posto di lavoro, e vedo accadere dinamiche tremendamente offensive tra comparti e individui, causate da problemi personali e lavorativi, reali o indotti... Troppo spesso alimentati secondo finalità terze.
  E il meno favorito del momento finisce per pagare.


Mi capita di girare in strada con la mia auto, e la violenza di quello che si crede il piu furbo di tutti è sempre palese: precedenze non rispettate, parcheggi in doppia fila prolungati con arroganza, azioni illecite e pericolose di vario tipo.

E siccome non ci sono abbastanza risorse, il cittadino deve venire a patti con la situazione, subire i disagi e cercare di non prendersela troppo.
A Roma ci si sfoga gridando male parole.


Se le istituzioni funzionano male accadono i disservizi.
Se i disservizi vengono denunciati, ma ignorati, abbiamo la violenza.
Se tutto ciò viene poi minimizzato per motivi politici, allora abbiamo il terrorismo.


Non é  quello delle bombe o delle armi, ovviamente, ma una potente molla emotiva in grado di far scattare il pazzo di turno verso azioni degenerate, di quelle che poi nessuno riesce a spiegarsi : "era una persona così tranquilla, rispettata da tutti! "...

Non voglio minimizzare la gravità degli eventi che in questi giorni si succedono tragicamente e troppo di fequente (dopo Parigi e Bruxelles, mentre ci interroghiamo  su quanto è  accaduto a Nizza, già leggiamo notizie sulla "strage di Monaco"...), tutt'altro.

Voglio fare un discorso che muove su un percorso parallelo, e riguarda accadimenti in scala ridotta ma attivi nella capillarità del quotidiano.

E con ciò intendo evidenziare la grande capacità che abbiamo di distrarci e di lasciarci distrarre da quanto viviamo ogni giorno, tutti presi dalla sorpresa e dalla curiosità che suscitano in noi eventi "di grande portata".

L'Italia è  uno tra i paesi europei in cui si pagano più tasse e si ottengono i servizi peggiori. 

Quante volte lo abbiamo sentito? 


Non c'è sicurezza, non c'è pulizia, non è garantito un reddito minimo, i lavoratori non sono tutelati, e nemmeno le famiglie.


La violenza ha molti colori e molte forme. Ma sempre lo stesso brutto sapore.










mercoledì 20 luglio 2016

Parole


Gerolamo Cardano, nel 500, scriveva che non esiste nemico peggiore delle belle parole: esse seducono, e nel farlo inducono chi ascolta ad accogliere con ammirazione tutto ciò che raccontano.

La polemica prendeva spunto dalla personale disapprovazione verso i contenuti dei discorsi di Cicerone che, con la sua retorica e la sua filosofia, fu ammirato e ascoltato da molti.

Cardano conosceva bene l'importanza dei sogni per gli uomini, e non accettava che se ne parlasse con superficiale qualunquismo, senza davvero possederne l'argomento, come faceva appunto Cicerone.
Parliamo di un uomo importante, Cardano, che frequentava Leonardo e certi altri alchimisti, era scienziato, inventore, scrittore e medico. Al modo dei medici tradizionali, curava le persone dando massimo risalto al messaggio dei loro sogni: il messaggio che ognuno, in tal modo, invia a sé stesso, in un gioco comunicativo a volte oscuro, per una serie di motivi.


Nell'onesta' dei suoi modi, costui scrisse addirittura la propria biografia descrivendo gli eventi accaduti alla luce di quanto di volta in volta emergeva dai suoi sogni, che per anni ha trascritto e custodito in diari preziosi.

Cicerone: accreditato oratore, storico e filosofo.
Oggi diremmo: spin doctor, emotional marketer, storytelling manager.


La storia si ripete, così come certi sogni che tornano e ritornano a dirti che la fregatura é  in arrivo. O che ci sei già dentro.
"Sogno sempre la stessa cosa.." - e chissà perché! 


Non sei curioso di saperlo?

Se non cambi la direzione, sempre contro quel muro vai a finire! Rigido impedimento alla libertà del pecorso...
Come me, che faccio la corsa agli ostacoli con la mia razionalità - per citare chi mi fa consulenza. "Devi solo leggerli, non devi sforzarti di capire: è  così  chiaro!"


Un alfabeto che fatico a ricordare...

Cardano richiama Sinesio,  che in una notte compose un trattatello per parlare del valore dei sogni, evidenziandone anche gli aspetti politici. il sogno é  democratico, perche tutti sognamo, indipendentemente dal ceto sociale o dalla condizione economica di appartenenza, e non esiste reggente o tiranno che potrà mai impedirlo.

Ogni uomo può dunque comunicare a se stesso la sua condizione, e con essa le opportunità e i modi per renderla migliore.

Di fatto ogni uomo lo fa, ma non é  stato istruito ad ascoltare il linguaggio, né  a decifrarlo. 
Eppure,  se é  il sognatore che parla - ed è proprio così -,  non dovrebbe essere tanto difficile...


Nei manuali di antropologia si riscontra la tendenza a contrapporre natura e cultura: spesso la seconda sovrasta la prima, oscurandola e relegandola nel buio scantinato della dimenticanza.
Si rende ora qui necessaria, invece, una "cultura della natura", un modo di cogliere gli eventi tutti nella originaria prospettiva di ciò che ci fa essere uomini: costitutiva, e quindi naturale.


Di cosa abbiamo bisogno per stare bene, cosa ci serve per vivere?  E queste immagini che mi si presentano quando sono meno distratto dalle cose e dalle attività diurne, mentre sono solo con me stesso nel silenzio del mio riposo, mi parlano di vita o no? Mi parlano di crescita, di stasi, o di regresso?

Come viene descritto - in quelle fantastiche sequenze filmiche - ciò che ho fatto seguendo il mio modo di pensare?

Meglio indagare: se va male potrò sempre cambiare!

Basta meno di quanto si creda: la disponibilità a mettersi in discussione e una certa volonta decisionale. Non è che uno ci deve credere per dogma: si tratta solo di provare e vedere che ne segue. Se va meglio ok, altrimenti é  stato comunque un tentativo indirizzato al cambiamento.

Quando si parla di sogni intervengono molti schemi mentali precostituiti e tanti pregiudizi dovuti alla terribile banalizzazione che si è data dell'argomento nell'attuale non-cultura.
Comprensibile: troppi ciarlatani in giro!


E come si fa a sapere se quei maccheroni sono buoni oppure no? Li si assaggia.

La tanto citata Comunità Europea ha sancito da anni la necessità di riconoscere alla cultura e alla formazione il ruolo fondamentale di consentire all'umanità di evolversi. Inoltre è  di pochi giorni fa la ratifica da parte di 80 stati convenuti sulla necessità di consentire il libero accesso ad internet a tutti gli individui, affinché possano affrancarsi dall'ignoranza, e sviluppare se stessi come persone e come cittadini.

Perché possano scoprire, attraverso l'esercizio della libertà, di essere uomini nati per essere liberi e responsabili: ciò di cui la comunità ha realmente bisogno per evolversi e farlo nel modo migliore.

Democrazia, libertà, uguaglianza e responsabilità: parole che possono essere soltanto condivise.

Ma Cardano strizza l'occhio con fare burbero e ci rimanda alla realtà della Comunità Europea, per come la stiamo vivendo. Qualcosa di un pò meno bello rispetto all'idea così demagogicamente millantata: una comunità di cittadini di paesi diversi, coesa nel rispetto, nella promozione e nella tutela dei suoi membri...

Ogni giorno sentiamo storie che rimandano il contrario: migrazioni non gestite; sprechi economici; totale assenza di verifica del rispetto delle regole; violenza e soprusi in provvedimenti incongrui e ingiustificabili; accordi essenzialmente paradossali.

Imposizione di modi senza rispetto delle diversità strutturali di chi é  chiamato ad ubbidire.
Quindi... Quale "cultura", e che tipo di "formazione"?


Sembra di udire parole di Orwelliana memoria: "la legge è  uguale per tutti, e per alcuni anche di più".

Eccolo, il rispetto e l'attenzione per l'individuo, piccola cellula dell'importante organismo comunitario, nutrito e cresciuto per garantire ai suoi membri una vita che sia dignitosa, libera dall'ignoranza (la cultura é  indicata come un diritto- dovere), in un contesto che ne favorisca l'acquisizione di strumenti garanti alla persona di raggiungere una propria autonomia di pensiero e di azione, fino ad acquisire le necessarie competenze per fare impresa di sé stessi.

In un tale contesto illuminato, si valorizza finalmente ciò che è definito "il capitale umano", primo necessario mattone per la realizzazione di una comunità socialmente ed eticamente funzionale.

Cardano sarebbe pieno di sdegno.






domenica 17 luglio 2016

Troppi gatti


I gatti non mi sono troppo simpatici: li ritengo invadenti, inopportuni, approfittatori e pure atteggioni. Da qui l'espressione "troppi gatti", che utilizzo in modo scherzoso quando mi accompagno con certi amici un pò giocherelloni.

Comunque, se se ne stanno per conto proprio non mi disturbano.

Nel comprensorio in cui vivo ce ne sono parecchi. Sono belli grossi, abbastanza eleganti nella loro comoda pigrizia... E siccome l'ambiente é  all'aperto, protetto dal traffico cittadino, con tanto di prato, lucertole, gechi e umani molto tolleranti.. Loro trascorrono giornate piacevoli alternando le sessioni di caccia a quelle della siesta.

Qualche complimento dai passanti, il cibo, le passeggiate felpate sui muretti bassi... Di tanto in tanto un pò di slalom tra le fioriere provoca la caduta di vasi leggeri. Eh, con tutto quel peso!

Questi inquilini esercitano il proprio sadismo verso gli animali più piccoli, che ormai vivono - quelli che possono - a mezza altezza sui muri sbiaditi: lumache, lucertole e gechi costituiscono il decoro permanente della zona.
E poi combattono tra loro, in certi periodi,  urlando in modo comico e fastidioso al contempo... Finché qualcuno, giunto al limite della sopportazione, non li separa tirando loro addosso qualcosa (oltre alle male parole).


Da poco é  subentrato un gatto celeste. Io non ho mai visto un pelo di quel colore, ma oggi vanno di moda i capelli blu... E poi in Cina tendono a dipingere i gatti camuffandoli da draghi, e i cani da panda.... Tutto é  lecito se serve a divertirsi. Un divertimento forse non proprio reciproco, però.
Comunque questo gatto non è  tinto... È  solo così.
Nel complesso, anche se strano, é  un bell'animale, e poi è  sano e autonomo... Non dà fastidio.


Quando sono entrata ad abitare nello stabile ero sorpresa da tutti questi bei gattoni: belli nutriti, si aggiravano lenti nei vialetti tra gli appartamenti, sempre acciambellati al sole a sonnecchiare... Oggi ce ne sono meno. Mi dicono che la persona che li nutriva é  venuta a mancare, e infatti sono meno pasciuti e meno arroganti.

Animali scrocconi, appunto.

Osservarli mi fa venire in mente sempre "il povero Cicciuffolo": un gatto selvatico, molto diffidente, che frequentava certe zone montuose in cui un amico ha una bella casetta.
Un giorno fece la sua prima apparizione questo gatto bianco, lungo e magro, con due occhioni enormi... Era molto prudente e timoroso e non si avvicinava mai troppo. Solo il giusto per far capire di essere affamato.


Se gli davamo del cibo, lo prendeva rapidamente, solo dopo che ci eravamo allontanati, e se lo portava via per consumarlo a distanza,  in zona sicura. 
Così il mio amico ha deciso di aiutarlo a superare la timidezza, e ha avviato un laboratorio esperenziale iniziando a sottoporlo ad una serie di prove di resistenza, delle quali aumentava gradualmente il livello di difficolta'.


Il gatto, nominato poi Cicciuffolo per la stazza che era andata aumentando (molte prove e molto tempo dedicato), doveva avvicinarsi sempre di più se voleva nutrirsi. E così,  tra soffiate riottose e mezze fughe, l'ospite ha gradualmente ceduto... Fino alla prova più dura: l'albero del prosciutto!

Il mio amico decise, in preda a ispirazione folle, di creare  con materiali di fortuna, una sorta di albero ramificato su vari livelli di altezza. Su ogni ramo poggiò una fetta di prosciutto, grassa e profumata. Rimanemmo poi entrambi lì vicino, in attesa.

Ed ecco che il venticello della sera fece da richiamo e Cicciuffolo, zitto zitto, col suo solito fare circospetto, apparve. Ci scrutò, attese qualche minuto soffiando e mostrando tutto il suo sdegno per la nostra presenza, emise suoni rabbiosi (buffissimi) ed espressioni del muso che volevano essere spaventose (buffe anche quelle), e in un baleno saltò e risaltò lasciandoci sorpresi e felici: aveva superato la prova!

In un attimo aveva spolverato via tutto, saltando fino al ramo più alto (per quello ci vollero più tentativi). E poi, voltateci le terga, é fuggito via come al solito.

Cicciuffolo, il nostro orgoglio.

Insomma, era l'amico invisibile, sempre in agguato, seminascosto nelle vicinanze, pronto a rosicchiare il cibo che lo avvicinava sempre di più alla socialità. Arrivò anche a bersi una ciotola di latte a due passi dalla mia persona (anche se non smetteva di emettere i soliti suoni buffi, quelli simil-cattivi e simil-terrorizzanti).

Cicciuffolo fu definito anche "gatto da guardia": la sera, tra il lusco e il brusco si accucciava sul suo scalino preferito, vicino (mai troppo vicino) alla porta che dalla cucina apre sull'esterno.  E lì, tutto impettito, con fare austero, restava seduto per un pò, a controllare la situazione. 

Un giorno ci accorgemmo che Cicciuffolo non si affacciava più. 

Lo cercammo inutilmente, scrutando  nei nascondigli dai quali arrivava con passo felpato quando il cibo compariva; spiavamo con apprensione il dosso da cui scendeva trotterellando verso casa; riempivamo di latte qualche ciotola fuori programma... Niente.

Era sparito. 

"Ma Cicciuffolo dov'é? " ci chiedevamo in allegria,  poi sempre più malinconici: "Cicciuffolo non c'è ".

La domanda e la risposta divennero a breve un tormentone che popolò i giochi che siamo soliti fare nel costruire rime e ritornelli, inventando storie tragi-comiche con personaggi fantastici....
Personaggi che spesso sono proprio gatti, ai quali ne facciamo accadere di tutti i colori.


E  Cicciuffolo, da allora, nel mistero della sua scomparsa, attraverso le infinite avventure che finiamo con l'affibbiargli, é  rimasto sempre con noi.









venerdì 8 luglio 2016

La Ilha do Sal


E così sono dovuta partire, lasciando quel mare azzurro e quella incredibile quantità di luce.

I saluti all'aeroporto, la stringente morsa allo stomaco, e il freddo corridoio per l'imbarco.
Veloce, silenzioso, solitario.


Ho trascorso un periodo felice, in un mondo diverso che già ho conosciuto, ma che riesce a sorprendermi ogni volta che vi faccio ritorno.

Giornate intere passate sugli scogli bruniti, stondate dal vento e dalle onde furiose. In cammino su quei dossi porosi, attraversati dalla corsa dei granchi che sembrano scivolarvi sopra, lucidati dal sale e vestiti di morbide e umide alghe, verdissime e bianche.
Qua e là ampi spazi, terrazzamenti sporgenti, e complicati corridoi d'entrata alle onde che, gonfie, salgono rapide e avvolgono tutto, scivolando poi via in un baleno.

 Danno corpo a un fragore che, solo, riesce ad amare il mio cuore. E quella veste di schiuma va via, allegra e brillante, lavando via tutto.
Saltano intanto piccoli pesci, prigionieri di breve durata nelle crepe terrene, colme di acqua fresca e di vita.
Fino alla prossima ondata.


La patina bianca del sale rappreso, asciugato dal sole, scricchiola sotto i miei passi, e mi strappa un sorriso.

Solo rocce e cielo, percorsi dal vento gradito, e l'oceano, arena di giochi e di prove continue.
Per chi lo attraversa e per chi lo incontra di tanto in tanto, come me.


Osservo tutta quell'acqua con entusiasmo commosso: si muove e gira, sposta, gonfia, poi scende... Respira scandendo la vita che contiene e che nutre.

Siedo sulle rocce calde e mi sporgo più  in là, verso il blu. Si vedono i pesci: ombre scure e corpi multicolori, più grossi, in superficie. Cercano cibo vicino alla costa. Vicini, vicini a me, proprio lì sotto, si muovono lenti e con eleganza. 
Sembrano in pace, indifferenti alle brutture del mondo al quale mi tocca tornare.

La Ilha do Sal, in che modo descriverla? 

Vaste distese di terra bruciata, grosse pietre e sassi. Poche sterpaglie, radi cespugli di piante stecchite: magro ma utile pasto ai pochi animali che vanno girando... Rivedo ancora quelle due capre, in posizione verticale sugli arti posteriori: una di fronte  all'altra, a masticare le foglie residue sulla cima più alta di una pianta striminzita...

All'orizzonte le sagome di qualche montagna, se così di può dire, così  brulle e asciutte da evocare la superficie lunare. Esibiscono un colore bruno, terroso e caldo, trasmettendomi un senso di nostalgica intimità.
Ampi spazi desolati, raramente percorsi da umani con sacchi ricolmi di merce poggiati sul capo, il passo allenato: gente che si orienta attraverso percorsi mai neppure segnati.


Il cielo poi rimanda una luce speciale, intensa e tanto brillante da procurare dolore alla vista. Sempre solcato da nuvole varie, un pò bianche e un pò scure, che scivolano via guidate dal vigore dell'aria.

Qui è facile confondere il sole e la luna: si mostrano entrambe in forma di pallida sfera: un enorme globo nel cielo.
La mattina e la notte.
La lua, dicono loro.


I locali vivono di poco, sospesi anch'essi nel tempo, così come il popolo acquatico. Sembrano galleggiare anche loro, fluttuanti nel caldo perenne, assenti e distratti, perduti in uno strano contagioso languore. Rimangono in giro, siedono davanti alla porta di casa, adocchiando i bambini che giocano liberi con quello che trovano in strada: graziosi elfi dallo scuro incarnato, coi capelli arricciati o ordinati in tante e folte treccine.
Una semplicità vivace che fa sana allegria.


Strade di ciottoli e terra battuta, pochissime auto, rifiuti ed arbusti,  container dismessi ormai rugginosi abbandonati un pò in giro.

Il tutto dà l'idea di randagio, come quei cani un pò sporchi e malandati che girano liberi ovunque, senza fare rumore. Li vedi spesso assopiti in mezzo alla strada, a contrastare quel vento nel modo che sanno.


   Al porto la giornata inizia alle tre di mattina: vanno gettate le reti per prendere "il vivo", minutaggio di pesce che serve da esca per la pesca del dì: tonni, serra, marlyn...
Verso la mezza, con il sole che brucia le spalle, le barche rientrano in porto, tra le grida delle donne che attendono di riempire le ceste per gli acquirenti in arrivo: rumori e colori, una sinfonia scomposta di azioni e di sguardi.


Quanti particolari potrei riportare, quante occasioni di stupore e piacere!

Ma la prima cosa che vedo ripensando a quel posto è l'immensa distesa di acqua blu, orientata e spinta da masse d'aria potenti, che si srotola verso la costa in mille direzioni diverse.
Il suo respiro mi parla dei viventi che incontra, sotto, sopra e d'intorno, omaggiati dalla luce abbagliante del giorno e dal lussuoso velo di stelle, numerose e brillanti. Tra loro c'é Marte, il puntino color del rame che arriva subito all'occhio.


Uno spettacolo che va solo vissuto.