Cammini e poi cadi. Corri e ti fermi. Al limitare del bosco
c’è un fiume, e l’argine è alto. Osservi ascoltando i rumori. Sembra che tutto
sia fermo, ma ogni vivente fa il suo, visibile o meno.
Gli scarponi nel fango, le mani nell’acqua che è calda, e i pensieri vanno ad allagare la mente, vagando nell’aria, si specchiano nel
liquido che gorgoglia tra i sassi, sotto ai salici ombrosi.
Non so più dove andare, ma vado. Gli amici cadono lasciando
il grande silenzio che duole, che morde la pancia da dentro soffocando il
respiro. Soggiungono voci e altre dita si stringono alle mie.
Scavalco pezzi di
legno lisciati dall’acqua, sono sbiaditi.
Da anni trascino i miei passi su questa rena, da anni sono qui con il cuore. Qui sono cresciuta e qui morirò: quanto di più mi conforta.
Io sono questo luogo che mi accoglie facendomi sentire viva nella mia
solitudine.
I pensieri, agili compagni di viaggio, slittano scivolosi sull’acqua e nella luce di questa ulteriore giornata. L’aria è fresca e profuma di erbe: la menta e il timo serpillo più in là, tra le rocce.
Il grigio della
roccia antica nel verde scuro degli alberi richiama come un urlo la mia
attenzione: percepisco la forza, vorrei
averla anche io.
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