Cammino osservando i miei passi apparire e sparire nel folto di un prato
compatto. A poca distanza arriva un gregge scomposto di ovini, conquista
il mio campo visivo con suoni di varia durata, e l'andare alternato dei
campanacci rurali.
Tra loro, alteri, si spostano lenti alcuni cani pastore: tanto fango nel
pelo, e una certa andatura leggera di chi si porta l'animo allegro.
Come mi avvistano parte il diktat del ruolo attraverso un concerto a più
voci. Non avverto minaccia, ma come l'intento di dirmi qualcosa. Li osservo in
attesa, curiosa, mentre anche loro osservano me, e si avvicinano piano,
prudenti, un poco per volta.
Uno solo, forse quello più giovane, rompe le righe e si avvicina parecchio.
Di nuovo il suono lungo della voce profonda, che sembra percorrere un tunnel
infinito, prima di riuscire ad emergere fuori.
Lo osservo e mi metto a saltare. Lui piega le zampe anteriori ed è fatta:
ci rincorriamo sul campo ridendo e muovendo la coda.
Infine, io appoggio entrambe le mani per terra ponendo il mio capo all'altezza
del suo, e continuo la danza avviata.
Qualcuno mi chiama, laggiù, e devo rimettermi in marcia. Ancora uno sguardo a distanza, e poi, lentamente, ognuno fa ritorno al suo gruppo.
Le pecore sparse sul prato, l'azzurro del cielo intervallato dalle rocce
puntute, una donna ed un cane pastore che si rincorrono divertendosi un po'.
Il fiato grosso e il calore nel cuore.
Mi chiedo com'è che qualcuno ancora non vede: che le specie viventi,
insieme, possono avere interazioni felici.
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