Esistono i Falsi d'autore, imitazioni
dell’arte, eseguite con tale maestria da ottenere esse stesse
grande valore. La bravura di chi esegue codesti lavori è distante
pero' da quella dei veri Maestri.
“Esistono diversi modi per indicare questi
artisti, che sembrano dimostrare abilita' 'copiando' oggetti, figure,
colori, scene, tempi addirittura remoti e poco attuali. Copista
è anche soprannome di artista, che esercita arte 'non nuova', ma di
'tema' classificato e riferito alla storia. Sono opere ripetute, dei
falsi che ripetono in tutto o in parte 'modelli e schizzi figurativi'
prestabiliti, e osservanti canoni affermati.”: da Wikipedia la
definizione veloce, che allude al valore che l'opera assume grazie
all'abilita' dell'artista, sia pure egli stesso imitatore di un
altro. Ripetitori di talento, insomma, i Copisti.
Diverso va per i Copioni, ripetitori
ignoranti di qualcosa prodotto da altri, che non sanno nemmeno
gestire. Quante volte, sui banchi di scuola, e' accaduto che lo
studente scadente abbia trascritto, dopo averlo abilmente spiato, il
lavoro di chi gli sedeva accanto, al fine di spacciarlo per proprio e
vantarsi di competenze realmente mai acquisite. O per nascondere il
fatto, per lo piu' imbarazzante, di non averne acquisita proprio
nessuna.
Il copione, in gergo teatrale, e' anche
quel foglio che espone le frasi e i sospiri che l'attore dovra'
recitare. Battute scritte da altri, che egli deve imparare e far sue
perche' ciò che espone possa suonare decente. Si tratta pero' qui di
un lavoro prodotto per altri, proprio per loro. Non si da' ruberia.
Non avviene scorretto sopruso. Per quanto anche qui poco sia
originale, l'attore fa questo: rappresenta qualcosa coi modi piu'
propri. Un po' come il Falso d'autore.
Ci son poi i roditori: viventi capaci di
rosicchiare quanto interviene nel loro cammino. Ma qui l'arte non
c'entra. Diremo piuttosto che l'evocazione di topi affamati produce
in chi osserva un senso sgradito di repulsione. I ratti muovono in
ambienti fognari, pieni di sporco e di orribili odori, e nessun
individuo sano di mente vorrebbe trovarsene accanto.
I filosofi hanno evocato l’Autenticita'.
L'etimo manda a chi e' se stesso all'interno di se' (autos enton),
colui che non mente nel proporre all'esterno qualcosa che dissimula o
cela il suo modo interiore.
E qui la questione.
Diciamo di qualcuno che e' “falso”, ossia che
si pone in modo scorretto, ma non indaghiamo rispetto a chi stia
esercitando la sua falsita'. Colui che si fa adulatorio verso chi
mostra il proprio prestigio, potrebbe esser falso con l'altro, ma non
nei confronti della propria persona. S'egli, infatti, ha la
particolare tendenza a mentire per ottenere risultati nascosti, nel
momento in cui esercita le sue qualita' rappresenta onestamente se
stesso.
Egli e' autentico rispetto al suo modo. Un modo
che bello non è.
Cosi' il frutto col nome di pigna. Una
volta assaggiato penserete di avere ingollato la dolcissima polpa di
quel frutto goloso dal colore rubizzo: la fragola, appunto. Ma il
frutto mangiato e' piu' grosso, dalla buccia piu' dura e dal colore
diverso. Non e' il frutto che mente, ma l'immagine evocata dal gusto
che e' entrato in contatto con noi.
Viviamo in un mondo di piccole storie, ognuno ha
la propria illusione. Un'immagine in corsa che evolve e si smonta, e
che per noi e' totalmente reale. Per ognuno di noi un sogno diverso,
nel quale e dal quale riemergo dimentica, a volte, di fare
attenzione.
Che cosa ci orienta? Cosa filtra i nostri
pensieri? Cosa induce le nostre emozioni? Chi è che guida, infine,
le nostre movenze?
Un sospiro, uno strillo… Un senso di gioia o di
umiliazione cocente. L'idea soffocante di un mondo finito in
contrasto contro l'ampio respiro di una giornata brillante. Questo il
fenomeno.
Emozioni dirigono il fare. Azioni orientano il
mondo. Diciamo semplicemente "individui". Ma quanti in
ognuno? Quanto è tradito e tradisce; quanto è appreso e sorprende?
Livelli diversi. Piani d'esistenza coevi in contrasto: si annullano
insieme, scambiandosi il luogo. E basta spostare lo sguardo, una
semplice mossa di ciglia e poi sfuma. Lo cogli, ti sposti e c'è
altro. Come non fosse mai davvero esistito, eppure permane. Ma tu non
cogli quell’ombra…La distrazione. Non esiste perdono.
La mossa sbagliata rende matto il tuo re. Un passo
più in qua, un conto sbagliato, l’informazione che
manca...Ignoranza. Non esiste perdono.
Fuori tempo il mio gesto, fuori luogo il mio
verbo…L'errore. Non esiste
perdono.
Se cloni la scheda e rubi l'altrui, uccidi il suo
tempo e gli accorci la vita…Malversazione.
Nel dolo patente non
esiste perdono e la vita ti uccide.
Uno spazio racchiuso composto da quadri
alternati: uno bianco, uno nero. Un esercito intero che si crede
nemico a se stesso, divorandosi piano e con arte sottile.
Pupazzi.
Ogni pezzo va giù, qualcosa sembra cambiare,
nella lenta avanzata. Rimane ben poco. Soltanto un gioco di morte in
uno spazio ristretto.
Ma ho colto nel rovo una piccola mora: lucido
insieme di chicchi perfetti e minuti, dal limpido aroma di un turgore
vitale. E il succo violaceo che scorre nel palmo della mia mano, col
sole che inebria come il suo delicato profumo.
L'arietta gentile su me, invisibile e fresca: il
saluto della stagione che cambia nella luce diversa, e l'odore
dell'erba bagnata di pioggia.
Cammino tra i sassi lavati dall'acqua, e tendo le
braccia tra i rovi. Tra le spine il tesoro, succoso e odoroso…Un
cuore di linfa e di sole, piccolo premio per aver sorriso alla vita.
Le More un frutto selvatico di rovo. Spine lo difendono e lassù i grappoli più succosi. Ma Terenzia con il suo amico tecnologico arrivano lassù e poi spremono lo scuro licore. Anche un lontano amico nel suo sogno stava con l'amico a raccoglier le more. Venne un topo ma fu scacciato. Un attimo per capire, un baleno per decidere. Ma quel lampo di luce si è perduto nel nulla e così l'amico. Un sogno: la vita. O la morte.
RispondiElimina