Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

venerdì 5 giugno 2015

Eccomi, mi presento.


     E' tempo di scrivere... Mauro mi esorta ad iniziare.
 Ed eccomi qui, mi presento. Sono curiosa, a volte un pò polemica, ostinata. Mi piacciono i Mostri e i nomi d'arte..
In effetti, Terenzia è più un secondo nome... Di artistico non ha granchè...E' servito un giorno per riempire una etichetta vuota, ed è rimasto là. Oggi lo riprendo per etichettare qualcos'altro, spazi virtuali destinati a riflessioni personali.

... Cammino su questa Terra da quarantadue anni (magari il primo anno mi sono limitata a strisciarci), e ne ho ricavato due belle gambe robuste. Una volta un amico, ridendo, le ha paragonate a quelle di un centravanti. Il mio rifiuto verso le performance calcistiche potrebbe essere iniziato allora, ma è uno sport che mi ha sempre un pò annoiata: troppo rumore e troppi passaggi. 

Di ogni tipo.

      Le mie gambe sono robuste, lo notano tutti... In effetti hanno corso parecchio, soprattutto hanno corso via da ciò che non andava...
Le mie braccia invece no, sempre esili. 

Pensavo molto e facevo male.

Poi, un giorno, tra una oscillazione e l'altra, due grosse mani mi hanno letteralmente spostato: l'urto di uno spinta possente ha orientato la corsa verso una direzione più propria. 

Tutto è iniziato con tre case vicine, un vecchio televisore in una stanza buia, sintonizzato su un programma disturbato impossibile da seguire, e brillanti raggi di sole che penetravano a forza dagli scuri accostati. Sotto c'era il mare.
Ma questa è altra Storia.

      Le mie gambe... Strane situazioni intorno ad esse. Quando ero piccola sentivo ripetere che sarei diventata "una cavallona"... A causa della lunghezza delle mie ossa, della lunghezza dei miei piedi...Un mantra impossibile contro il destino genetico delle mie origine sarde (è risaputo che i sardi non spiccano per altezza, tra le altre qualità). 

Questa espressione evocava in me un forte senso di ansia. Avevo paura di diventarlo, una cavallona, ma temevo di deludere i miei fomentatissimi fans. E poi non capivo che significato potesse avere questa cosa. Era un bene? Era un male? 

L'espressione di superiorità compiaciuta e un pò furbetta degli adulti ripeteva sempre lo stesso diniego: inutile chiedere spiegazioni... Capirai quando sarai più grande.  

Grande?? Ma grande quanto? E qual'è il momento in cui smetti di essere piccolo e diventi grande?? Come si riconosce? Chi lo decide? 
Non ci stavo, non volevo aspettare!
 ...Ed ecco un altro pronostico: da  grande, la cavallona, sarebbe diventata avvocato! Eh si, con tutto quel polemizzare, e chiedere e parlare. 
Tutta quell'insistenza nel voler sapere!!
  
      E così, giorno dopo giorno, etichette vuote che rimandavano a ostentazione di significati mai chiariti, mi hanno spinto a scegliere l'unico percorso di studi universitari che potesse darmi un pò di soddisfazione: mi sono immersa negli studi filosofici, con grande sdegno di chi vedeva sfumare la nobile carriera di cavallona avvocato.

     Un orizzonte ricco di pensieri e parole, nodi da sciogliere, argomentazioni complesse... Idealismi ed esistenzialismi, atti ermeneutici e paradossi logici... Era il mio mondo e lo amavo, la nebbia in cui navigavo di giorno e di notte, esaltata dalle molteplici verità che vedevo affiorare e combattersi.... Ho disimparato a vedere con semplicità. 

I silenzi e le ombre son diventati crogioli di interpretazioni, una confusione di linee orientate e dirette ovunque. Un caos di possibilità così affascinante e così illimitato... Per anni ho vagato in un universo pieno di rimandi, di aforismi, di sensi velati, fiera di aver finalmente capito che la confusione che avevo vissuto fino ad allora era la confusione del mondo, la tensione dell'esistenza, il rimando infinito dell'essere-nel-mondo che ci costituisce tutti, originariamente.
    
      Così, errando per sentieri interrotti di heideggeriana memoria, in nome del grido "l'ente è l'essente", affascinata dalle molte incarnazioni dell'essere in una realtà tanto vicina e così oscura, sono stata un pò turbata - col tempo, certo - dalla scoperta che i più grandi idealisti sfregiavano il loro bell'argomentare in nome della bellezza e della impenetrabile perfezione. 

Mi sono ritrovata  spesso ad emergere nel carnevalesco sfanfaronare ironico del vincente di turno (ah, le mode!), fino ad amare, e ad odiare poi, il denigratore della notte in cui tutte le vacche sono nere... Un vero guastafeste, questo Hegel. 

Anche un pò ipocrita, se posso azzardare!!

 Ma chi lo dice, poi, che quella condizione rimanda ad una stasi assoluta? Mi vanto di aver vissuto una situazione analoga e di aver potuto verificare di persona quanto mentono, su necessità esclusivamente propria, i filosofi. 

Una notte, in montagna, mi sono quasi scontrata con un cavallo nero, così nero da evocare il famoso "cavallo del west". Ero al volante della mia auto, ero in discesa, in curva e andavo a ritmo sostenuto. Il cavallo era invisibile, lo è rimasto fintanto che i fari del mio veicolo non lo hanno fatto apparire. 

E lo hanno fatto apparire quando era realmente molto vicino. 

Non potrei mai attribuire a quella situazione il carattere di staticità!
       Potrei dire che la sorpresa e lo spavento hanno attivato risorse nella mia persona tali da consentirmi di deviare l'ostacolo in modo fulmineo.
 O magari, che l'istinto di sopravvivenza ha provocato una tale produzione di adrenalina da azionare il pilota automatico che è dentro di me (e che si nasconde benissimo), o semplicemente, potrei limitarmi a descrivere la sensazione di gelo che mi ha pervasa...

 Ma lasciamo gli Esercizi di stile e proseguiamo.

Insomma, l'Assoluto, l'Anima Bella, l'Eterno, la Stasi, l'Estasi stessa... Lasciatemelo dire... Sono un falso! Un epic fail!!! 

 E lasciatemelo finalmente gridare, dopo tanto tempo perduto nel cercare di far quadrare un cerchio inesistente!! La colpa dell'esistenza è l'uscita dall'eden, la  disgregazione dell'apeiron, l'incarnazione dell'essere... L'uscita dall'indistinto generativo, che tutto accoglie e tutto contiene. 
  
  Ma che, davvero??
  
       Una carrellata di immagini  formalizzate nel corso della storia del pensiero, da oriente a occidente, ripropone l'Archè, il Principio, in modo omogeneo: un luogo oscuro, acquatico, indistinto, un infinito primigenio che per poter riconoscere se stesso deve soccombere all'orrore della divisione e, quindi, dell'accettazione del molteplice. 

E nel momento in cui si divide, Esso fa l'offesa. Produce l'errore, la colpa: la finitezza.

 I dispettosi di turno non mancano di rimarcare la facile evidenza per cui  l'Infinito, per rispettare la sua condizione, deve inevitabilmente contrapporsi al Finito... E che quindi, quel brutto anatroccolo della finitezza è parte costitutiva della perfezione sferica ... Un pò come dire che si può parlare di A solo in quanto si presuppone un NON-A... 

E giù tentativi, più o meno politically correct a portare l'acqua a quel mulino. E gira la ruota nell'acqua...

Fichte trova una costruzione razionale di "integrazione del diverso"che farebbe gola a Borghezio quando afferma apodiditticamente che l'altro può guadagnare  riconoscimento solo annullandosi davanti a chi lo riconosce, sparendo in esso (continua ad esserne quindi parte integrante e costitutiva, no?? Se la coscienza, per Essere, deve per forza estroflettersi verso l'Altro.... Dispettosa pure io!!); Schelling pone addirittura la "indifferenza tra ragione e natura" per indicare l'ideale connubio*... Ed Hegel raggiunge l'orgasmo nel descrivere una complessa e articolata fenomenologia dello spirito: l' Ereignis (l'evento, l'accadimento) che rende finalmente giustizia a quel miserabile uomo qui tanto schifato per la sua finitezza...Per poi riportare tutto di nuovo a sistema, in una perfezione asfissiante e irreale del Tutto Indifferenziato.

      Ero giovane, vestivo lana grezza a contatto diretto con la pelle, e indossavo scarponi pesanti. Mi esaltavo a sentire i "saggi" parlare dell'uomo, questo essere che sta qui, che accade e che soffre, che fa la storia preparando il futuro, come una freccia lanciata da un tempo passato...

 Non posso dimenticare la descrizione della storia elaborata da Hegel nella  sua Fenomenologia: essa assumeva la forma di una ferita, un processo vivo che si rimargina lasciando su di sè i segni del vissuto: la cicatrice, la finitezza, l'errore, la colpa... L'uomo.

 Finalmente l'uomo!! 

Ecco la rottura, finalmente. Tutto vero: l'Assoluto romantico era il buio statico, una notte scura popolata da animali scuri!! Non si vede niente!!

 Ma poi, accidenti, ecco che torna, come sempre sovrana, la Metafisica: l'apice della storia è nel logos, la ratio, l 'assoluta perfezione che tutto produce e che tutto contiene... Il tutto indifferenziato (seppure differenziato al suo interno, per quella bazzecola di secondaria importanza che è lo svolgimento della storia). 

L'inevitabile epilogo di un sistema metastorico che, nel pieno rispetto del meccanismo della retroazione negativa, ripristina il proprio equilibrio reagendo agli input destabilizzanti. E certo che poi "il Reale è Razionale e il Razionale e' Reale"!**  

Dove pensavate di andare? 
 :(

        Oggi, all'ancora non "cavallona avvocato", ma certamente "filosofa un pò pentita", sorge spontaneo un pensiero e si insinua maligno tra i miei neuroni: ma questo Indistinto, questa calda e umida rotondità accogliente, questo essere-insieme che non ammette separazione, che rifiuta la storica individuazione che la depriverebbe di cotanta perfezione... Questo principio asfittico che rifiuta di accettare la differenza quale effettuale atto d'amore... 

.... Tutto ciò mi ricorda qualcosa di poco altisonante e di molto "terragno"...Tristemente terragno e limitato... 

Ma non è che, per caso,...??!!?

        Insomma, è proprio necessario travestirsi da filosofi per  giustificare al mondo che la mamma è sempre la mamma? Che è più rassicurante rientrare piuttosto che uscire? 

L'azione individuale colorata di senso solo se posta in un orizzonte deterministico di programmazione  essenziale... Rassicurante??

 Raccapricciante!!   

L'hanno chiamata trascendenza, storicismo, metafisica, ontologia... Interminabili viaggi sfiancanti - sempre lo stesso? - sempre orientati al ritorno, alla non uscita, ostinatamente coatti in un loop senz'aria, verso quell'utero che tanto (s)comodamente avvolge!! 

L'aspetto finito della storicità non rimanda all'infinito potenziale erotismo dell'esistenza - come pure Heidegger, vigliacco traditore anche lui, sembrava accennare nella prima parte di Essere e Tempo - dove ogni gesto e ogni scelta rimanda all'universo delle possibilità aperte di relazione tra e con gli altri enti, ma a quell'essere-per-la morte che, nel rifiuto della sua condizione, preferisce rientrare nel ventre materno del già deciso e del non-può-non-essere-così.

       Scusate la caduta di stile se cito Francesco De Gregori che, nella famosissima Rimmel, definisce i poeti "brutte creature", perchè "ogni volta che parlano è una truffa". 

I filosofi, invece... (!!).

Sono un pò arrabbiata: ero irretita da certi simposi, ero stregata da certi esercizi, ero addormentata insieme con tanti altri. 
E mi illudevo di imparare, di capire, di liberarmi.

E si, perchè correvo, e mentre correvo le mie gambe diventavano robuste...

Ma correvo nella direzione sbagliata.




 * Si, certo, la natura è l'oggettivazione della Ragione, ma solo temporaneamente! La metafisica assume connotazione estetica. attraverso l'impatto emotivo con la natura, si coglie la tensione all'essere che segna il "percorso obbligato" verso il Ponente.

** E' il "grido di battaglia" con cui si sintetizza spesso il sistema filosofico di F. Hegel. E non a torto. L'aforisma indica che non esiste realtà che non sia frutto della razionalità, al punto che la realtà stessa viene identificata con il processo del pensiero. 
Hegel non consente dubbi: tutto ciò che accade non può non accadere, in quanto prodotto dal Pensiero. 
Tutto torna, tutto è giustificato da e in un orizzonte metafisico che riassume in sè la finitezza, il limite, la storia, e ingloba tutto ciò come un magma distruttivo.
 Lo storicismo hegeliano scivola violentemente nella metafisica di sempre...







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