Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

domenica 5 luglio 2015

La (non)Dotta Ignoranza.



«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,
cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,
disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch'elli abbia,
non ci torrà lo scender questa roccia.»


(Dante Alighieri, Divina Commedia - Inferno, VII)


Nel IV cerchio dell'Inferno, il maestro Dante punisce scenograficamente, presentandoli, due gravi peccati dell'umanità': l'avarizia e la prodigalità.

L'una intesa come arida carenza-esigente, egoistica sete disperata e agognante desiderio di potere; l'altra, all'opposto, e' la caratteristica di chi spreca, di chi sperpera.

Entrambe le categorie condividono una assoluta incapacità gestionale, il peccato di non saper fruire i propri talenti, e la colpa di lasciarsene prevaricare in una spinta ritorsiva, che toglie il senso e uccide il piacere.
Rimane, pronta, la violenta ritorsione sugli altri attraverso l'offesa. In un triste inutile cammino che nella sua infinita', non dona forza, ma ruba vita.

L' inarrestabile faticosa marcia che spingendo, trascina nell'inutile.
La punizione descritta consiste nel forzoso reiterarsi del reciproco insulto tra rei dannati, che percorrono simmetricamente strade analoghe - un gruppo da un lato, un gruppo da un altro - fino a reincontrarsi a fine percorso, gravati da inutili pesi sul petto. 
  Strade che raggiungono il loro apice solo nel punto di riinizio verso la direzione opposta.

Una estensione del mito di Sisifo: non si espone più soltanto l'individuo che, per conseguire il proprio falso valore e' costretto ad attuare un cammino faticoso e inutile, al prezzo di infiniti sforzi inappagabili. 
   Emerge la dimensione sociale: i peccatori, divisi in due schiere, nell'illusione di seguire percorsi diversi (addirittura diametralmente opposti) finiscono per incontrarsi e poi scontrarsi: si offendono, e si accusano vicendevolmente. Per poi ripartire, in un inizio che non ha mai subito davvero interruzione.

..Pape satan..

Osservo l'incarnazione del Contrappasso.  
 Accade, inesorabile, e preciso. E si abbatte su chi, subendo, non coglie, e logorando se stesso inveisce contro il Fato, e contro l'umanità tutta. 
Lacrime di stupore e grida di incomprensione. 
 Vagiti infernali dell'eterno infantile.

Accadimento esatto in situazione!


La mancanza verso se stessi genera l'errore, la sua ulteriore ricaduta nel sociale definisce il reato.

La mancata evoluzione personale, l'Ignoranza, produce la violenta eruzione infantile su chi sta d'intorno, danneggiandolo.

Così la donna che non sviluppa le proprie attitudini, lasciando in letargo il proprio potenziale. Una pigrizia che non giova a se stessa ne' ad alcun altro. Assume piuttosto il ruolo di mamma senza averne davvero il piacere. 

Le voci, quante voci le hanno Trasmesso la utilità di quel ruolo. La sua eternità, la sua inviolabilità.  E bisogna sbrigarsi, sennò poi si sfiorisce.... E si perde l'occasione... Pensa alle donne che non possono averne! Così la madre prima di lei, e la nonna prima ancora. E l'amica, e la società tutta.. Beh, quasi tutta.
Ella svilisce la propria persona rinunciando al suo modo per ottenere un riconoscimento facile, gratuito, garantito dalla società.

 Non proprio gratuito.

Col tempo, però, il bambino vuole incontrare il mondo, fare scoperte, toccare con i suoi occhi  ciò che fa nuovo, crescere e diventare adulto. Se questo, però, gli viene concesso... La "Mamma" che fa? Il suo ruolo finisce,  e si ritrova costretta a cambiare.
 Ma come? 
Non ha curato se stessa e non ha sviluppato strumenti... Iniziare ora, noooo... E' troppo tardi, eh!!! ... The show must go on: si può forzare la mano, e congelare quel tipo di rappresentazione in modo perverso e alienante... Finché morte, che così li unisce, non li separi: la mamma (l'errore) con il suo bambino, stupidamente compiacente (il reato).

 Magistralmente M.R. descrive la madre antibiotica. Suggerisco un serissimo approfondimento a chi, tra donne e uomini, vuole incontrare Persone. Almeno la finiamo di parlare di "quote rosa" e di altre menate filo e antifemministe!!

Un figlio cresciuto da una madre bambina (l'errore) come potrà divenire persona (il reato)? Cercherà a sua volta la rozza scorciatoia illusoria con devastanti ricadute nel sociale...

O la collaboratrice del capo, che prostituisce (non sempre in senso metaforico) la propria persona per ottenere una posizione, un ruolo di prestigio. E mantenerlo. Mancando pero' le competenze necessarie, quelle aziendali, di li' in poi le scelte adottate dal capo voglioso (persona evoluta?) condurranno a piani sbagliati. E a conseguenze fallimentari.
 Per il capo, certo; per la collaboratrice (l'errore e l'errore); ma anche per tutti coloro che lavorano nell'azienda (il reato).


Milan Kundera definisce l'agire degli uomini la leggerezza dell'essere per il suo accadere "spontaneo", non programmabile. E tale immediatezza assume, nei suoi romanzi, le tinte di una pesantezza estrema, insostenibile, a causa delle conseguenze provocate.
 Accadere ritenuto necessario (grosso, grossissimo errore. Reato esso stesso!!)

Questa storia, in realtà, ha un titolo diverso che la rimanda all'intollerabile gravame dell'essere ignorante.
 Una sana evoluzione contrasta la necessità del divenire, aprendo alla fluidità SOSTENIBILISSIMA dell'essere. Ci vuole pazienza e molta attenzione, la volontà e l'umiltà di accogliere e saper leggere - ovvio, ma né facile né scontato - le immagini che formuliamo costantemente in noi, momento dopo momento... Semprissimo (M.R., certo, chi altri?) ! Immagini di monito e di supporto che, naturalmente, guidano il nostro cammino.

Il buio, il dolore, la claustrofobica agonia della minorità denunciano non l'essere ma un suo modo distorto, declinazione perversa. 

Aristotele, con cipiglio, punta contro il suo dito indice.*
 Dell'essere si parla in tanti modi, è vero, ma son pochi quelli di attuarlo: in sintonia con la natura, o contro di essa. Nel fiume della vita, tra le sue correnti, nel flusso dinamico del possibile, o contro di essa, nel prestabilito, nel già detto.
 La Trasmissione che fa dolore. 

Avari e prodighi: peccatori contro la propria persona e contro gli altri. Violenti. Nello sfondo un'aria conosciuta: "a chi ha sara' dato e a chi non ha sara' tolto quel poco che ha". 

La parabola dei talenti ripropone l'importanza della disponibilità a fare, dell'impegno personale. Il padrone punisce colui che, per paura, non ha agito e non ha prodotto, quindi, valore. 
Quel poco che aveva, quella virtù, quel potenziale, quelle capacita' non investite finiscono per sfumare, vengono tolte, sono perse. Se tu hai (le capacita') e non fai (valore), non hai più diritto di avere, quindi ti vien tolto, perdi tutto, ti spendi nell'inutile vagheggio generale, perdendo te stesso e chi ti circonda.

Avari e prodighi. Dante li colloca tra gli incontinenti, tra coloro che non sanno dosare il valore di ciò che hanno e che potrebbero fare. 
Essi accumulano senza dare, e sperperano senza realizzare.

 Alla stanchezza dell'azione non consegue la soddisfazione del risultato raggiunto, ma la sofferenza della ripetizione infinita. Nulla ha più senso... Ci si affanna, si percorre tutta la strada, ma poi si ricomincia, sia pure nella direzione opposta. 
Quando finalmente si incontra l'altro, che vive, in fondo, la stessa condizione, gli si sputano contro sentenze. 
Immagini orribili. Un sogno di morte.

La violenza dell'ignoranza, di chi non sa e non può capire.

Niccolo' Cusano, nel De Docta Ignoranza, ripercorre la via socratica del sapere di non sapere, intesa come la più alta forma di conoscenza: solo colui che e' conscio della propria ignoranza, dei propri limiti, e' poi in grado di tendere verso il loro superamento. E magari si adopera per farlo.
 Con umiltà e pazienza.
 Tanta umiltà e tanta pazienza.
 Scivolando sui sassi, ferendosi anche, ma deciso a proseguire verso un cambiamento vitale.

 Colui che, invece, e' assolutamente ignorante non può farlo, perché non ne coglie il senso.

 Per lui, in fondo, un sogno è solo un sogno...Perché dare importanza a quelle immagini? Esse vengono, un pò incuriosiscono, ma poi svaniscono. In tanti neanche le vedono più...
 E continuerà a imprecare contro gli altri mentre percorre arrancando quel percorso vano.





* Aristotele, nella Metafisica, distingue l'individuabilita' dell'essere in quanto tale rispetto alle sue modalita' fenomeniche, ai suoi modi di apparire. Così, ad esempio, dire che una rosa é bella non esaurisce l'essenza stessa della rosa.


1 commento:

  1. C'è chi sostiene che il Male della specie umana nasce da un un originario peccato. Questo peccato è "sete di sapere", di voler sapere ciò che è utile per sè stessi e ciò che invece può essere dannoso.
    La conoscenza del bene e del male come naturale sapienza.
    Come criterio univoco di crescita e di vita.
    Il peccato originale, cara dottoressa, è la perdita del paradiso del Sapere.
    Questo anelito di conoscenza è peccato.
    Devi vivere nel mistero della fede, nell'incognita della tua ignoranza.
    Nello sballo sabbatesco di allucinogene discoteche familiari.
    La caduta nell'Abisso vorticoso dell'ignoranza.
    Nell'ignoranza impastata di putridume e sangue.
    Il sangue luminoso del bambino contaminato dal "pensiero fogna" della mamma antibiotica.
    La continuazione generazionale dei personali'Inferni Terreni Perpetui.

    Tante mamme antibiotiche, tanti inferni.

    C'è chi sostiene che questa Genna sia un pensiero distorto inoculato da entità aliene extra-terrestri.
    Sì.
    Le mamme-extra-terrestri vivono nell'Ade della loro frustrazione erotica.
    Avare d'amore per sè stesse e prodighe d'amore fasullo per la loro prole.
    Proli-fiche mamme extra-terrestri.
    le così-ddotte ignoranti.

    Niente omini verdi di terzo o quarto tipo alla guida di astronavi quantiche, pronti ad invadere la Terra.
    Ma povere creature ignoranti che spingono, infelici, carrozzelle di bambini destinati a diventare l'aspetto più deteriore del parassitismo sociale.

    Pape Satàn, pape Satàn Aleppe...
    Quanto è stato scritto e detto per interpetare il significato di queste parole.
    Invano.

    Prova a sognare.
    Prova a sognare da sveglia, come tu sai fare, e mettiti davanti queste tre parole.
    Anagramma la frase e:
    1: a appannata es papale steppe
    2: a appannata est papale seppe
    3: a appannata papale se steppe
    4: ape appannata pepe salpaste
    5: ape appannata pepe spalaste
    6: ape appannata salpate seppe
    7: ape appannata seppe spalate
    8: appannata es es papale tappe
    9: appannata es papale pepe sta
    10: appannata es papale se tappe
    11: appannata esse papale tappe
    12: appannata est papale pepe sa
    13: appannata palata pepe spese
    14: appannata palate pesa seppe
    15: appannata papale pepe se sta
    16: appannata papale pepe stesa
    17: appannata papale pepe tasse
    18: appannata papale pesa peste
    19: appannata papale sa seppe te
    20: appannata papale se se tappe
    21: appannata papale seppe seta
    22: appannata papale seppe tesa
    23: appannata pepe pesa salpate
    24: appannata pepe pesa spalate
    25: appannata pepe salata seppe

    Dante sapeva bene che il peccato originale nasce da una mamma antibiotica, ignorante ed APPANNATA.
    Appannata, papale, pepe, peste tasse, salata.
    al n. 16 appannata papale pepe stesa.

    Da scriverci sopra un poema.






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