Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

martedì 29 dicembre 2020

Verso una comunità etica


Per chi ne sentisse parlare oggi per la prima volta, Stefano Mancuso, "scienziato di enorme prestigio, docente di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree all’Università di Firenze, e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale, membro fondatore dell’International Society for Plant Signaling & Behavior (etc. etc.)", é un affascinante divulgatore, che racconta continuamente  di quel meraviglioso modo in cui vivono le piante.

Mi sono imbattuta nei suoi scritti grazie agli entusiastici riferimenti espressi da un'artista esordiente, Eleonora Riccio, conosciuta in occasione della presentazione di alcune sue creazioni: tessuti dipinti con pigmenti naturali ottenuti per estrazione da foglie e fiori, con procedure artigianali dai risultati davvero ammalianti.

Tra i vari contributi, La Nazione delle Piante , il libro che ad oggi mi ha  particolare colpita per via del valore etico espresso, che trovo impossibile non voler condividere.
Pagina dopo pagina l'autore descrive il mondo delle piante come una nazione funzionale e democratica, garante di diritti fondamentali per ogni vivente e custode della sopravvivenza degli stessi.
 E dall'osservazione attenta delle sue espressioni vitali, Mancuso coglie l'occasione di estrapolare  alcuni principi, che definisce pilastri, su cui costruire una Costituzione politica, via via argomentata nel saggio in questione.
 La riflessione etica tradizionale, egoisticamente incentrata sulla coesistenza interna alla specie umana, subisce un'espansione verso tutti i viventi del pianeta, in una  prospettiva finalmente comunitaria.

La Terra viene quindi a configurarsi come una grande casa comune, da custodire e rispettare, che garantisce il sostentamento, lo sviluppo e l'incontro della vita nelle sue molteplici rappresentazioni.

Mancuso  ci racconta l'errore dovuto  alla  incomprensione di fondo, nella cultura umana, delle "regole della vita": ogni organismo è interconnesso agli altri in una fitta rete di scambi e relazioni, come un grande unico corpo vivente che agisce secondo principi di cooperazione e simbiosi: siamo una grande comunità cooperativa, basata sul mutuo soccorso e sul reciproco stimolo, una comunità ben lontana dal famoso Homo Homini lupus di vecchia memoria. 

Darwin - un po' frainteso, lo sappiamo - sosteneva che sopravvive il più adatto (non il più forte, come è stato poi detto da alcuni), ossia quel vivente in grado di  sfruttare l'ambiente in cui sta nel modo necessario a prolungare la propria esistenza.
E le piante, questo, stanno dimostrando di saperlo fare da molto più tempo di noi: dovremmo apprendere le loro regole per condividerle e scoprire che il nostro  mondo non è poi così separato dal loro, e che la nostra comunità non dovrebbe poi esser considerata tanto altra rispetto alla loro. 

E magari, così facendo, arriveremo anche a capire che l'ambiente, alla fin fine, siamo noi.

Il mondo animale si serve di un sistema predatorio nei confronti dell'energia ad esso necessaria: non disponendo della capacità di produrne direttamente (le piante si servono della fotosintesi per utilizzare l'energia solare), gli animali consumano quella già esistente, lasciando gli scarti in un ambiente già saturato, che non è più in grado di riprodurre le risorse sottratte.

Al sistema competitivo animale si contrappone il sistema cooperativo proprio del mondo vegetale. O meglio, gli si affianca integrandolo.

Le piante, incapaci di attuare spostamenti al pari degli animali, - sono infatti radicate al suolo - hanno acuito la capacità percettiva nei confronti di quanto le circonda, e hanno imparato a conoscere attentamente le risorse disponibili, finendo con l'utilizzarle in maniera davvero funzionale.
 E la reciproca connessione esistente tra gli abitanti di questa Nazione Verde  - la più popolosa della Terra - ha reso possibile e reale, in essa, un approccio di mutuo scambio di fondamentale importanza per rafforzarne l'esistenza e tutelarla.

A partire dagli anni 70, soprattutto grazie all'eco suscitato dal famoso Rapporto Meadows é sempre più chiara l'insostenibilità di un sistema di crescita illimitata (dei consumi) - quello che stiamo conseguendo - perseguito in un ambiente dalle risorse limitate quale è il nostro, ed é ormai evidente il fatto che insistere in tale direzione mina seriamente, ogni giorno di più, la possibilità stessa della nostra sopravvivenza. 
Siamo già responsabili di una accelerazione del processo di estinzione di molte specie viventi (pari a 10.000 volte rispetto alle normali tempistiche  occorse finora, dicono gli esperti), fintanto che non toccherà anche a noi stessi: una corsa folle verso l'autodistruzione.

Il Club di Roma, un'organizzazione non governativa composta da economisti e scienziati internazionali, in collaborazione con il MIT, realizzò uno studio predittivo sulle condizioni in cui l'uomo sarebbe arrivato a trovarsi continuando a vivere con quello stile di vita consumistico  irresponsabile adottato dalle ultime generazioni.
 
Oggi, a distanza di 50 anni, i fatti confermano le pesanti valutazioni che furono alacremente rifiutate dagli ottimisti promotori dello sviluppo insostenibile.
Il modello del consumo irresponsabile danneggia noi stessi, incapaci di vedere oltre l'illusorio riflesso che lascia apparire l'ambiente come qualcosa di altro rispetto a noi. 

Dobbiamo arrivare a comprendere che abbiamo a che fare con la nostra grande casa comune, che noi tutti dovremmo amare e conservare con cura.

 Dovremmo imparare guardandoci intorno, magari viaggiando attraverso l'affascinante Nazione delle piante.







martedì 22 dicembre 2020

Lavoro sostenibile?


Pensiamo sempre alla natura in termini idilliaci e fiabeschi, un po’ complice il mito del buon selvaggio del famoso Rousseau.
 La nominiamo, questa natura, e immaginiamo campi verdi e alberi rigogliosi che espongono frutti succosi e luccicanti. Ma una vecchia storia, nota a buona parte dell'umanità, ci dice che esiste anche un serpente, da qualche parte, pronto a render tutto questo mondo un po’ pericoloso...

Leggevo di recente un articolo sull'Indonesia: si tratta di un paese ricco di vegetazione e povero socialmente, un paese dalla straordinaria umanità e dal senso di solidarietà che non ho riscontrato in altri paesi cosiddetti poveri.  

Ci sono stata, in Indonesia, ci sono stata due volte per uno strano incastro di eventi. 
 E ne sono rimasta affascinata. Al di là della sporcizia e del laconico modo di esistenza, ho incontrato il sorriso della popolazione.

 Ero a Bali, per carità, un angoletto tra i più "socievoli" dell'arcipelago - questo è doveroso sottolinearlo. E tra le risaie a gradoni, le oche sparse nei campi - che sfruttano la sacralità attribuita loro per ingozzarsi liberamente di sementi - e i templi aperti... Persone. 
Persone magre, dai corpi sfruttati e dalla pelle stanca e vergata dal sole, piegati nei campi a lavorare la terra con strumenti rudimentali, seduti al mercato del pesce, tra pozze di acqua e sangue sparse in terra; vestiti di bianco accanto ai bramini, con i cestini delle offerte piene di fiori, di semi e di incenso; persone che danzano su ritmi tradizionali, per sé e per i turisti in arrivo.
 Persone che lavorano sempre, a tutte le età, e che sorridono. Che si aiutano naturalmente, e che ti rispettano.
Questo mi ricordo soprattutto di Bali: lo sforzo, la fatica e la solidarietà.

Poi è arrivato quell'articolo, che racconta di come uomini, donne e bambini si ritrovano a vivere in condizioni ancora più estreme, in un circuito in cui la violenza dell'uomo viene accettata per contrastare la durezza che sa imporre la vita. E non sono più uomini ma numeri, sacrificabili, pedine nella rete degli affari internazionali connessi al traffico dell'olio di palma. 

Per ore e per mesi, senza alcuna tutela, si ritrovano a spargere sostanze chimiche devastanti per sé e per l'ambiente, sopportano sforzi eccessivi, si nutrono a stento, riparati in baracche malsane. Chi lo fa da una vita, chi da generazioni intere. E da un campo ad un altro, senza un futuro, senza un presente. Violenze sul corpo e nell'anima perché in altre parti di questo stesso pianeta, altri più fortunati possano contribuire all'acquisto di merci dalla dubbia utilità.
Utilità dubbiamente sociale, dubbiamente ambientale, dubbiamente antropologica. 

L'articolo è pubblicato a questo link (http://www.labottegadelbarbieri.org/indonesia-stupri-e-abusi-nelle-coltivazioni-di-olio-di-palma/), per chi avesse la voglia e la forza di guardare per un momento il serpente, e distogliere l'attenzione dalla ipnotica mela. 
 
Nel 2015, con la sottoscrizione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile , 193 paesi membri dell’Onu hanno proclamato il proprio impegno a favorire il superamento del gap esistente tra opportunità, ricchezze e potere, e lo hanno fatto individuando 17 fondamentali obbiettivi da conseguire, a livello nazionale e internazionale, entro il 2030.

Il leit-motive che fa da sfondo all’intero documento è sintetizzato in una espressione iniziale, che rivendica l’impegno congiunto nello sforzo di “liberare la razza umana dalla tirannia della povertà e con la volontà e l’impegno a curare e salvaguardare il nostro pianeta”.

All’orizzonte l’immagine di un mondo inclusivo, i cui abitanti favoriscano la crescita di un’economia sostenibile, rispettosa della biodiversità, e che facciano uso del principio di responsabilità, canalizzandolo all’implementazione degli strumenti culturali ed economici necessari all’attuazione di un’equa interconnessione umana.

 Un impegno che richiama la dovuta attenzione di ognuno di noi.



 


martedì 15 dicembre 2020

RIFLESSI

 Una foglia leggera scivola attraverso l'aria sull'acqua, vi si adagia gentile, ed una invisibile mano la spinge veloce con sé.

 È un sogno, un pensiero o solo un ricordo lontano: la vita che si dà in un continuum multiforme e variopinto, con la dolcezza di un pensiero poetico.
L'acqua pulita del fiume scorre veloce tra i sassi sommersi; alcuni ne sporgono fuori, coperti di muschio brillante, in cui gocce di brina risplendono al sole come minuscole pietre preziose.

Affondo gli stivali nella sabbia compatta del greto, e slitto goffamente tra i rami caduti e le radici sporgenti. L'odore di menta arriva dovunque, in questo giardino così familiare, e ne godo con tutti i miei sensi mentre procedo convinta, seppure a fatica. 

Espongo il viso allo splendore del sole, che quest'oggi si espande sereno sui campi e sulle fronde nutrite.

Salici, ovunque, adombrano il passo di chi, come me, oggi ha scelto la terra. Un giorno di pausa dal tran tran quotidiano, un amico che ha la casa in un parco, proprio sul fiume, e il cane giocoso della famiglia che dimora poco lontano. Un cane vispo e affettuoso, salvato da pessima sorte anni fa, che ha come casa ogni spazio del parco che a lui non dispiaccia. Mi porta con sé, spingendoci tra spini e burroni. Ha il passo veloce, e sembra planare nell'aria inseguendo le tracce.
 Corre e salta, poi si avvede del mio disagio e si ferma. Aspetta che io lo raggiunga, vuole che io esplori con lui. E siccome non chiedo di meglio, finisce che accetto la sfida: mi armo di forza e pazienza, e procedo caparbia, inalando profumi diversi ogni metro più in giù. 

Seguo il fiume, un po' mosso dalle fredde correnti, un po' liscio nel suo lungo percorso, e arrivo ad un punto in cui tutto si apre: uno slargo tranquillo e silente, dove rami intrecciati dal tempo s'incontrano a chiudere il corso.  La morta, mi hanno insegnato il suo nome, che poco ha a che fare con lo stato reale: di sopra e di sotto la vita vi esplode. 
È questo ciò che vedono gli alberi? 
 Essi son lì, tra il buio e la luce, immersi nella vita che scorre, con i loro folti cappelli e la veste legnosa.

Suggestioni di un mondo vissuto che vibra, ancora, in me. 






sabato 12 dicembre 2020

Gocce di vita

 In questi giorni di pioggia mi ritrovo stupita a guardare la magia che cade, compatta, dal cielo, dove uno scuro manto minaccia tuonando, copertura funesta su questa terra che è bella, e che abbiamo tanto imbruttito…

Acqua, miriadi di gocce sottili e fredde scendono giù come un fitto sipario di luce, che ondeggia nel vento, muovendo di qua e di là, con un certo dispetto, la visione della spettacolo grave.

Dal sole alla pioggia, scrosci d’acqua a cui il nostro sguardo, in tempi recenti, si sta abituando.. Dal nulla al tutto, verso allagamenti e crolli imminenti. Domani ne parleranno i giornali: il desco perfetto dei menestrelli di stato, omuncoli insani che strimpellano a suon di fanfara allagando coi loro fiumi di inchiostro schermate e carteggi. Esondazione su esondazioni avvenute.

Di questo, ormai, l’interesse comune si nutre: notizie eclatanti profferte in tempo reale, e niente di più. La lunga lista di persone disperse, case distrutte, inondazioni, e alcuni particolari toccanti.  Notiziari che si susseguono a ritmi incessanti tra i canali di una scatola magica che da anni ho cacciato fuori di casa. 
Immagini forti su toni nervosamente incessanti. 

E la frase turbata dell'amica al mio fianco, dinanzi alla grande vetrata che ci separa dall'acqua: 
“prima non era così: prima pioveva; ora piove e crollano ponti, sprofondano case e muore tantissima gente. Che cosa sta succedendo?"
La osservo e le dico due sole parole: crisi climatica.

Lei ne ha sentito parlare, ma non ha mai approfondito. Si è limitata a pensare che i luoghi che prima erano al caldo ora diventano freddi, che dove era il sole adesso ci sono le piogge, e che i ghiacci si sciolgono ai poli....

Lei non ha riflettuto abbastanza, non ha pensato che ne conseguono cambiamenti di stili di vita, spostamenti sul suolo, migrazioni e problemi nella sopravvivenza e nella vita sociale. E le questioni economiche, e le vicende politiche, e l'estinzione di forme di vita. 
Incremento di povertà e svanir di risorse:  la necessità urgente di sforzi congiunti in direzione di soluzioni dall'impatto diffuso.

Osservo, rapita, questa natura che scende violenta, e che urla a noi tutti un richiamo severo ad un risveglio scioccante.
 Avverto l'urgenza di dire una sola prima importante parola: contezza.
 Dobbiamo informarci e dobbiamo informare,  rallentare la corsa all'acquisizione passiva di dati, e soffermarci finalmente a capire.

Dobbiamo ripartire dal basso: dalla terra e dal seme, per consentire a noi stessi e ai nostri fratelli di essere qui, abitanti del mondo in ogni respiro, perché ci sia sempre concesso di immergere gli occhi nel cielo, e librarli nella distesa del mare.