Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

domenica 27 maggio 2018

Il deserto di Drogo

Un uomo che si consuma nell'attesa, fedele ad una promessa non scritta che incombe sul suo mondo come uno spirito custode.

 Speranzoso, si tende all'orizzonte che ha da venire, egli procede e decide di incedere oltre. E via via che gli avvenimenti  si susseguono lenti, nell'attesa di quella "fortuna" - che è sempre prossima a venire, ma che stenta ancora a mostrarsi -, il tunnel in cui egli si aggira si stringe, lo chiude ogni giorno di più, nell'unicità di un percorso che non concede ritorno.

Ci prova, ci prova una volta soltanto a tornare, ma é giá tardi per lui: ormai trasmutato in spettatore di un ambiente che non è più capace di vivere, abitudini e modi che non é più avvezzo a gestire.

Tornare nel tunnel, quindi, e continuare a sperare, aggrappandosi a quella promessa che, sola, giustifica tutto; che sola, potrà illuminare il senso di una vita compiuta, della direzione intrapresa, della solitudine, della noia, delle privazioni, e può rendere amabile  la malinconia che dipinge lo sfondo.

La natura selvaggia, le rocce ed il deserto. E radi, vaghi e lontanissimi fuochi ad accendere, col passare degli anni, la speranza sopita, sbiadita... Resa confusa.

L'uomo ha spiato il proprio deserto ogni giorno, in ogni momento, in attesa di una fortuna che non è mai stata a lui destinata. Quando il tempo sarà passato, portando via gli anni della forza e dell'entusiasmo, comprenderà l'originario inganno, e la gloria avidamente e pazientemente attesa vestirà i tragici toni della bugiarda utopia. 

Illuso, schernito, e intimamente umiliato: cosí sta quell'uomo che ha continuato a sperare, confidando nella lealtá di quel patto che lui solo ha onorato fino alla fine, fino a capire che il suo tempo e' stato dolosamente rubato.
Quella porzione di tempo che non può tornare a nessuno.

Il Deserto dei tartari  é il deserto degli uomini, percorso da  inganni, abusi e delusioni cocenti, intanto che la folle speranza, ottusa e ostinata, sospinge quel Drogo a dipanare, rispettoso e paziente,  il filo della propria esistenza.

Non si é guardato d'intorno, il povero Drogo; non ha spiato  gli umani che gli tessevano intorno la tela finale: onestamente seguiva le regole, in attesa di quella promessa fortuna. 

Consoliamo noi stessi ripetendo che la vita é crudele, come si trattasse di una sola coscienza che affianca il nostro cammino, anziché una trama complessa, ordita da molteplici azioni, cucite e intrecciate con imprevedibili modi. Essa muta e distorce il suo aspetto in continui singulti, ostacolando il percorso alla meta che spesso rende confusa, e addirittura nasconde.

E tra speroni di rocce, boschetti e distanti spianate, tra le azioni e la noia un po' tutti, al pari di Drogo, osserviamo con animo teso il nostro personale deserto. 
In questa favola strana, che alterna l'offerta del sole alla notte piú oscura.





giovedì 3 maggio 2018

Insieme


La primavera è arrivata di colpo. Come se la ricca nevicata avvenuta in febbraio avesse attivato qualcosa, e la vegetazione, chiamata, avesse risposto con forza, esplodendo con indescrivibile orgoglio.

I viali della mia città ostentano ovunque quel verde brillante che è proprio di maggio, decorato qua e là da eterei  papaveri e dal rosa dei fiori di malva, e I'aria è satura di odori, che mutano ad ogni passo che va.

E così anche nel mio piccolo giardino, dove incontro lucertole e piccoli gechi di passaggio, le chiocciole e i pigri gatti dei vicini che si spostano tra le aiuole ed i muretti in piena libertà.

Ospiti graditi e temporanei, ospiti giocosi che mi donano allegria.

Da poco ho riposto dei semini appena sotto terra, e come è giusto, ogni sera, con amorevole pazienza, mi prodigo con l'acqua. Terra buona smossa ogni tanto per fare passare aria e renderne più morbido il tappeto; il resto è affidato al cielo, alle nuvole e al sole.

Dove vivo tira sempre un certo venticello, che addolcisce la insolita calura di questi giorni quasi estivi e porta seco i rumori della notte.
E a parte il frastuono dei soliti convogli, che raschiano i binari a tempi definiti un po' più in lá, un complesso cinguettio diffuso, come un coro di invisibili strumenti musicali, accompagna nel suo viaggio il sole, che con tepore amico, ogni giorno si affaccia sopra i tetti, e mi ricorda che c'è vita.

Così i piccoli semi, appena coperti da un velo di terra, rinfrescati ogni sera, e cullati dall'aria e dall'armonia di quei corpi minuti rivestiti da piume leggere, sfogliano via quella loro modestia, e si allontanano per gradi dall'oscuro rifugio che li accoglie...

E stamani, attirata dall'aria gentile che si portava le note oleose dell'acacia spinosa, maestoso e fiorito custode dell'ingresso, li osservavo cambiati, curiosa ed impaziente, e ho sorriso felice davanti alle foglie così piccine, attaccate agli steli come braccia minute, ogni giorno un poco più lunghe.

Accanto, le colleghe più anziane son lì, che si allargano comode nelle loro poltrone, godendosi la mitezza del clima, ed esibendo le proprie profumate virtù.

Il rosmarino già coperto di gemme bluette, che affollano i rami nodosi, galleggiando indisturbati tra i verdi aghetti di cui sono vestiti; le calendule lunghe esibiscono a turno le proprie luminose corone, accendendo di luce arancione tutto il muretto che fa loro da sfondo... E più in basso, dalle loro fresche dimore, si affacciano impavidi, un pò bianchi e un pò rosa, i piccoli garofani in ciuffo, con le teste vicine tra loro come fossero unite, e cantano un leggero nuovo profumo, esibendo le vesti dal bordo intagliato.

Il ranuncolo, invece, si é un poco accasciato, forse perché se ne sta tutto solo, distante dagli altri, in una zona un po' in ombra... D'altronde è un fiore un po' velenoso, questo si sa.... Chi mai può volerlo vicino?

Creature che festeggiano il giorno e la notte, davanti ai miei occhi, con colori e forme diverse; condividono il suolo e gli umori del cielo, pur se costretti in ambienti finiti, ognuno nella dimora che ha.

E mi domando perché  quelle altre creature, quelle di cui ho le stesse fattezze, non sanno farlo anche loro, di starsene insieme, ognuna per sé, a godersi la vita che, sola, con quello che dà, può permettere loro di mettere in mostra la bellezza che hanno...