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Buona lettura!

venerdì 19 giugno 2020

Prassi Naturale

Un' arvicola risale al crepuscolo il vecchio tronco del fico, silenziosa e veloce, la codina un pó storta, diretta un po' in su, come un ramo sbilenco. 
E dal tronco in un salto al muretto, e poi, rapidissima, risale il ciliegio e corre, corre fino alla punta del ramo più esile. 

La osservo rapita intanto che  consuma con rumorini graditi la polpa degli ultimi frutti rimasti, quelli più in cima, seccati dal sole. Un corpicino nutrito, vestito da una bella pelliccia, tra le fronde di un albero scosse dal vento.

 E poi viene giù, ripercorre all'indietro la strada già fatta portando qualcosa che servirà nel futuro. Dopo poco ritorna, risale, e discende. 

Rimango in silenzio ed osservo: avrà fatto decine di viaggi, nella penombra serale, rischiando  coi predatori che volano liberi e impietosi qui intorno.

 Il suo compare, ieri l'altro, non ce l'ha fatta; ero presente quando il corvo grigio l'ha preso. Un gioco crudelmente normale, ma non ho trattenuto il mio grido...
É rimasta da sola nelle sue sortite notturne, coraggiosa e veloce, e io sono qui ad ammirarla.

E mi viene da pensare a noialtri, cosí pure incastrati tra rischi, tentativi, ripetizioni... Nello sforzo continuo di dover sopravvivere.

 Per arrivare alla cima del ramo piú esterno, quel piccolo essere ha zampettato di corsa esponendo se stesso fino alle salvifiche fronde. Ne seguo gli spostamenti ad udito, attraverso il frusciare fogliaceo e il movimento ondeggiante dei rami. 

Nulla che vada perduto, nulla che finisca sprecato in natura. Vedo noccioli sparsi qua e là, spostati dal vento e dal banchetto di altri, intanto che il grande ciliegio, sornione e silente,  ottiene di espandere la propria presenza. Si sposta attraverso di loro, guadagnando spazio nel mondo in cambio di nutrimenti sicuri.

Noi, per lo più, aiutiamo solo chi amiamo. 

L'albero non ama l'uccello che nutre, ma questi ricambia il favore portando lontano i suoi semi. Nascerà un altro albero altrove, per continuare il gioco di sempre, quello che sa di azione comune, normale in natura.
Noi uomini invece ci avvitiamo con riflessioni di etica, discutiamo sul sistema di convivenza migliore, sperimentiamo innaturali e formali modalità che di sociale hanno davvero ben poco.

 E poi, sempre scontenti, ricominciamo da capo.

 Sisifo contro la simpatica arvicola, che ripete il suo viaggio affannoso portando a casa dei frutti. Noi rovesciamo solo inutili massi, per poi tornare a cercarli e gettarli ancora giù dalla rupe. 

Qualcosa non va, deve essere intervenuto a un certo punto un intoppo, mi dico. Veniamo anche noi dalla terra, ci nutriamo con essa, ma senza riuscire a nostra volta a nutrirla.

 La circolarità si è interrotta: prendiamo senza una resa, all'interno di un mondo in cui, invece, ogni prendere é un dare. 

Ci incastriamo in un fare che è depredare se stessi: una prassi che non sa di natura.




2 commenti:

  1. Certo! Hai colpito nel segno!
    La natura non ha eguali, ma allora mi chiedo da quale pianeta viene l'uomo? La tua riflessione ha fatto riflettere anche me! Grazie Marina

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  2. Stefi, non saprei, ma di certo non sa giocare le regole di questo in cui vive perchè non sa osservarlo.

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