Proprio in questi giorni riflettevo su quante persone malate
ci sono in circolazione: così tanta sofferenza che trova forma in individui
alterati in maniera più o meno visibile, nel corpo o nei comportamenti.
Poi mi sono imbattuta nell’articolo di Daniele Bernabei qui pubblicato, e sono partite in corsa le
dita sulla tastiera…
Chi mi segue lo sa: io sono quella che osserva gli altri
come comunicanti, laddove ogni atto comunicativo è sempre un comportamento, un
fare.
Watzlavick sosteneva che la cosiddetta malattia mentale e' sempre espressione di un modo
comportamentale, una risposta ad una provocazione, eseguita secondo criteri non
funzionali per il soggetto in un dato contesto: il qui e ora della persona, il
suo stare in quell’universo così ben descritto da Bernabei nel testo
succitato.
E’ così: le leggi dell’uomo
molto spesso impongono quanto le leggi
della natura non contemplano, e chi vi si asserve - sia pure in buona
fede - per ignoranza o per paura, si trova poi a far i conti con la Vita,
giudice supremo dei nostri modi.
Heidegger utilizzava l’espressione Dasein per indicare l’uomo storico, quell’uomo lì, in quel momento
lì, radicato alla terra su cui è nato, e in cui vive, momento per momento, sempre
alle prese con la praticità dell’esistere.
Individui che hanno un tempo
limitato ma tanto potenziale da poter sviluppare, chiamati a scegliere se
lasciarsi vivere, gettati tra le cose, o se attuare la propria autenticità.
Questa idea di autenticità e di scelta riportano all’incipit
della Responsabilità, quella verso
cui Bernabei punta il dito quando afferma che “c’è sempre una colpa…Il fatto
stesso di mettersi sulla croce, lo fa colpevole”.
Ma come si fa a trovare la propria via?
Heidegger parlava di
una chiamata da parte dell’Essere… Qualcosa che viene da dentro in ognuno di
noi, e si appellava all’ambiguo e ricchissimo linguaggio della poesia come
espressione esemplare di tale appello, un linguaggio che chiama chiamando in
causa tutto l’uomo, non solo “la sua parte razionale”: un linguaggio che parla
per immagini e sensazioni… H. ricordava infatti, con Holderlin, che l’uomo abita poeticamente su questa terra.
Ma il linguaggio, per propri limiti strutturali, non è
sufficiente a dire quanto può essere solo vissuto in prima persona, ed è qui
che i filosofi hanno sempre trovato l’ostacolo…. Una ricerca che si ingolfa per
via del limite degli strumenti disponibili.
Ecco che Bernabei ci accompagna in quello che B. Russell
definirebbe “il salto di livello logico”, ossia ci sposta in una modalità
diversa di indagine, una modalità personale, rispettosa della individualità
storica di ognuno, che si serve di un linguaggio universale, e che rispetta i
criteri di conformità alla nostra stessa natura storica: la funzionalità
naturale, biologica ed esistenziale.
Ci porta al cospetto del linguaggio delle
immagini, e ci pone dinanzi a loro in maniera totale, a chiederci come le
nostre cellule reagiscono.
Non è più la nebulosa e a volte comoda metafisica di certi
noti filosofi, ma una scienza diversa, a cui siamo poco avvezzi e che
inizialmente destabilizza.
La legge
dell’uomo costruisce un mondo di valori, che variano nel tempo e nello
spazio secondo i flussi degli eventi e dei colori del vincitore di turno; la legge della natura risponde solo a se
stessa e ci chiama direttamente, da dentro, e ci parla, e ci dice di noi.
E’
quella spinta verso l’autentico che non molti hanno il coraggio di assecondare.
E’ quell’istanza che ci sottrae al modo dell’esser cose o pupazzi, che
rischiara il senso di un vagare che ci pone umili e ci riempie di domande,
spingendoci a cercare.
Mi guardo intorno e nel vedere tanta sofferenza diffusa mi
chiedo quanto ancora ci vuole perché la pedagogia renda possibile un
accostamento delle leggi dell’uomo a quelle della natura, e si faccia finalmente pedagogia esistenziale.
Bernabei, nel suo scritto, si sofferma sulle dinamiche della
rimozione, ed io stessa mi chiedo se questa cecità, questo ritardo e questa
titubanza non siano il frutto di una più ampia rimozione che l’umanità tutta ha
eseguito su stessa e sui propri canali gnoseologici: abbiamo dimenticato
l’importanza di osservare le immagini, abbiamo dimenticato come leggerle, abbiamo
dimenticato di ascoltare noi stessi.
Tutti proiettati nella costruzione di un
senso da attribuire a ciò che c’è fuori, dietro la spinta della legge che
uomini dai colori vincenti, in un dato momento, hanno codificato per noi.
It's very simple to find out any topic on web as compared to
RispondiEliminabooks, as I found this article at this web site.
Hello, I hope the content of my post has been useful and interesting. Personally, i promote the exchange between intelligences. However, i invite you to view the blog of the author in question: it’s really deserves!! Obviously, we are talking about humanity
Elimina