Mi piace il confronto: chi mi conosce lo sa. E siccome Giorgio Tullio De Negri ha trattato diffusamente in questo articolo un tema piuttosto interessante, mi metto comoda e inizio a comporre il mio commento.
L’uomo è
un essere vivente e il vecchio Maslow, a suo tempo, ci ha ben illustrato come
l’esigenza del nutrimento sia alla base di qualsiasi processo di futura
possibile evoluzione: se non mi nutro, semplicemente, muoio. Inutile parlare
poi di evoluzione. L’autore stesso dell’articolo sottolinea il carattere di
paradossalità rappresentato dal fenomeno "zombico" del mangiare per
non-vivere: un morto, uno che non è vivo, come scrive giustamente, non
necessita di nutrimento. E non è questione solo di "assaporare" e
"gustare", aggiungo io, ma proprio del primario e basilare fenomeno
della "metabolizzazione".
La
contraddizione però si espande fino alle sue parole, a parere mio, li' dove
arriva a sostenere che il fenomeno in questione sia "una tendenza arcaica
dell’essere umano", "un retaggio primitivo". Il vivente ha
l’istanza di vivere, e quindi di nutrirsi, di metabolizzare. Ciò che ci piace
lo mangiamo letteralmente e metaforicamente proprio per via di questo nostra
istanza primitiva (questa si che lo è) che ci spinge a vivere ed evolvere,
metabolizzando ciò che dell’ambiente ci attrae e ci suona utile (piacere
incluso, ovviamente).
E’ ormai
ampiamente diffusa la notizia secondo la quale bambini e animali - gli istinti
dei quali sono ancora piuttosto scevri dai condizionamenti culturali e sociali
- rifuggono dai sapori amari, essendo essi particolarmente presenti in sostanze
velenose e quindi nocive. Loro non lo hanno letto sulle riviste scientifiche:
semplicemente rispondono al proprio istinto di sopravvivenza.
Tensione
a vivere, quindi, non a morire o non-vivere.
De Negri
scrive che, nella realtà filmica come anche in quella reale, lo zombie diventa
tale a causa dell’altro che lo ha morso, ma lascia del tutto in ombra l’aspetto
di grandissima importanza che rimanda a "la scelta": la vittima
accetta di subire l’altro dietro la seduttiva promessa di un piacere
secondario: amore, piacere, forza infinita, vita eterna etc.
Se tengo
chiuso l’uscio della mia casa nessuno può entrare, ma se desidero la bella mela
rossa che mi porge la strega finirò con l’assumerne anche il veleno!
Tu
seduci e prometti, io mi apro al contatto e mi infetto.
Mi
permetta l’autore di spingermi oltre: lo zombie non è tale solo perché tratta
l’altro come un oggetto o come strumento per il raggiungimento di un fine - sia
pure esecrabile, per carità : l’uso strumentale dell’altro non fa di me un
mostro - come ha ampiamente argomentato un certo Machiavelli! Divento mostro
nel momento in cui mi allontano dalla mia naturale condizione di uomo: un fantastico
sistema vivente che, nel rispetto di sè stesso, mira a mantenersi tale e ad
evolversi secondo un proprio progetto originario: ciò che mi fa essere umano, e
umano proprio in quello specifico modo che mi caratterizza.
Il
reato, dunque, non risiede in una carenza affettiva da parte di chi nutre, ma
troppo spesso da chi eccede nel farlo: di chi si sostituisce all’altro
viziandolo, e quindi inibendolo fino a castrarne la naturale sana tendenza
evolutiva.
L’individuo
che apprende in fretta a conoscere e sviluppare la propria autonomia sarà
presto un individuo adulto, libero di incontrare il mondo e metabolizzare la
vita; colui che viene invece soffocato da insistenti attenzioni e
preoccupazioni "affettive" e "sostitutive" diventa proprio
quel brutto involucro non-vivo che necessita di nutrirsi della vita altrui
perché non in grado di metabolizzare in prima persona. Uno zombie è quindi un
ladro di energia, per semplificare, che è diventato vittima della propria
incapacità a vivere a causa di una scelta: la accettazione comoda di un
vantaggio solamente apparente.
E va da
se che nel riempire se stesso svuota l’altro, rendendolo uguale a se stesso. Il
fatto che non si dia autonomia metabolica fa si che il furto debba essere
reiterato ogni volta che le riserve si esauriscono: non c’è vita!
Non è la
"rabbia" quindi che uccide, ma la mancanza del sano amore (quello che
consente il sano sviluppo evolutivo biologico ed esistenziale) che assume la
maschera di incondizionato amore, quello che letteralmente SOFFOCA di attenzioni
la persona verso cui è diretto. E quest’inganno impedisce la realizzazione del
naturale quanto auspicabile e fondamentale processo di autonomizzazione
individuale, indirizzando verso quella che non può essere chiamata vita.
Gli zombies sono coloro che compaiono nei sogni come "morti viventi". Il nonno, la mamma, la vecchia zia, il vampiro, il mostro, ..., memorie apprese di modelli non funzionali che rivivono nello "Zombato". Gli zombies non esistono in natura come entità autonome, non possono proprio in quanto morti. Non ne troverai nemmeno uno con quelle fattezze che vedi nei films (che poi sono i sogni del regista). Invece li puoi vedere negli infettati mnemonici (ritorno delle resistenze psichiche o meccanismi di rimozione - p.e.). Lo zombie è una entità diadica: un solo corpo con due intenzionalità psichiche (particolare tipo di schizofrenia) in cui prevale una memoria comportamentale aliena. Non a caso le incubazioni aliene hanno spesso come risultato una "Zombite" acuta che se il sogno ricorre diventa cronica.
RispondiEliminaGli zombies sono la risultanza di un prelievo incubatorio con trasferimento di energia eterica attraverso dimensioni non osservabili o esperibili dalla scienza ufficiale; al contrario i sogni rilevano immediatamente tale intrusione.
Il primo sintomo: la perdita di "luce" come aspetto, come presenza.
Il film "Dal tramonto all'alba": vampirismo zombico.
La psicologia ufficiale, quella legalmente accreditata, nemmeno si SOGNA di indagare queste forme patogenetiche. Specie la psicologia sperimentale.
Tocca studiare bene il concetto di diade che nessuna psicoterapia individuale o di gruppo ha mai preso in considerazione,tranne pochissime eccezioni che non fanno parte del circuito "ufficiale".
E'necessario indagare le causalità interne CRIPTICHE, che si nascondono negli anfratti della mente, e che solo ed esclusivamente i sogni riescono a rilevare.
Fermarsi alle c.d. cause esterne è una modalità di indagine che manifesta subito i suoi limiti quando tenta di inoltrarsi nell'universo ignoto della mente umana.
Dott. Daniele Bernabei
Psicologo - Psicoterapeuta.
Certo, lo zombie "filmico", quello scenograficamente esposto, non lo incontri per strada, e non è certo la risultanza di un processo naturale, ma un'aberrazione rappresentata fantasticamente nell'iconografia sociale. Eppure, molte persone sono attratte da queste figure:le cercano nei film, nei libri, nelle storie in genere... Si tratta forse di un riconoscimento riflessivo, laddove il soggetto interessato non conduce una esistenza troppo equilibrata (eufemismo)? Ossia: la cosiddetta "opera d'arte" attrae perché quell'immagine rappresentata, ed espressa in quel modo, richiama un riconoscimento, parla all'intimo di chi la osserva attraverso un senso di familiarità che può esprimersi in piacere o repulsione - sia pure nelle gradazioni possibili?
RispondiEliminaOgni immagine è un codice che sottende un algoritmo, e il suo messaggio scorre attraverso l'incontenibile canale emotivo, facendosi azione.
E se questo messaggio raggiunge notorieta' pubblica grazie all'intervento fine critici d'arte, nello sciagurato caso stesse veicolando espressioni di non-vita, di malattia, di violenza, quella bruttezza raggiungerebbe una dimensione corale terribilmente preoccupante.
Avevi scritto un post davvero interessante sul "cielo stellato" di Van Gogh, tempo fa.
Attendiamo la prossima pubblicazione, dott. Bernabei!
l'Opera d'Arte...
RispondiEliminaDi chi è l'opera d'arte?
Chi è il suo autore?
L'identità anagrafica: Michelangelo, Raffaello, Rodin, Manzù, Van Gogh, Fellini, Ravel, Mozart,Debussy... immagini, suoni.
Il film è più incisivo, completo: immagini in movimento e suoni.
Mi piacciono molto le colonne sonore, ne ho a centinaia, solo musica ed emozioni; niente parole.
Nei sogni non ci sono solo immagini visive, a volte qualcuno ti parla: l'amico, il morto, la mamma, il collega, il factotum, la fata... A volte senti l'armonico suono della natura silvestre, altre volte il rombo di un masso che cade. Tuoni, sibilar di vento.
Sogni in 3D quando sogni di sognare.
Tutte queste immagini possono diventare Opera d'Arte o Opera d'arte o opera d'arte.
Dipende da quale Io è autore in quel momento.
Noi siamo molteplici Io, in relazione al momento in cui viviamo.
L'Io è la funzione esecutiva attiva in un certo momento. L'attore che compie l'azione.
L'Io è il soggetto.
Soggetto: colui che è sottoposto a... (sub jectum).
Io eseguo secondo certe direttive che possono essere funzionali per me stesso oppure no.
Quale Io (dell'artista) è agente nel momento in cui crea L'Opera d'Arte o l'Opera d'arte o l'opera d'arte?
l'opera d'arte è la manifestazione iconica di un'immagine patogenetica: p.e. lo schizofrenico Cielo Stellato di Van Gogh.
L'Opera d'arte è l'espressione di una situazione storica sociale (politica, religiosa, economica) o personale (del Mecenate): p.e. la tomba di Giulio II, o la propaganda politica (fascista, comunista, socialista... E' uguale).
L'Opera d'Arte è la fenomenologia dell'Essere come creatività, quando rappresenta il principio che ci pone come esistenti in questa vita.
P.e. La Vocazione di san Matteo del Caravaggio. In quel quadro il principio è rappresentato dal raggio di luce che proviene da destra. Una luce metafisica che illumina il particolare che da nome al quadro.
Fiat Lux.
Questa è l'arte che mi piace.
Sulle altre forme d'arte, adesso, non faccio commenti.
Se vuoi vedere un quadro Zombie riprendi la Rupe Rossa di Cezanne che insieme abbiamo analizzato e commentato.