Il Mio Blog non vuole essere un monologo, ma un invito all'incontro: pertanto sono graditi i commenti e il succedersi degli scambi che ne conseguono.
Buona lettura!

venerdì 8 luglio 2016

La Ilha do Sal


E così sono dovuta partire, lasciando quel mare azzurro e quella incredibile quantità di luce.

I saluti all'aeroporto, la stringente morsa allo stomaco, e il freddo corridoio per l'imbarco.
Veloce, silenzioso, solitario.


Ho trascorso un periodo felice, in un mondo diverso che già ho conosciuto, ma che riesce a sorprendermi ogni volta che vi faccio ritorno.

Giornate intere passate sugli scogli bruniti, stondate dal vento e dalle onde furiose. In cammino su quei dossi porosi, attraversati dalla corsa dei granchi che sembrano scivolarvi sopra, lucidati dal sale e vestiti di morbide e umide alghe, verdissime e bianche.
Qua e là ampi spazi, terrazzamenti sporgenti, e complicati corridoi d'entrata alle onde che, gonfie, salgono rapide e avvolgono tutto, scivolando poi via in un baleno.

 Danno corpo a un fragore che, solo, riesce ad amare il mio cuore. E quella veste di schiuma va via, allegra e brillante, lavando via tutto.
Saltano intanto piccoli pesci, prigionieri di breve durata nelle crepe terrene, colme di acqua fresca e di vita.
Fino alla prossima ondata.


La patina bianca del sale rappreso, asciugato dal sole, scricchiola sotto i miei passi, e mi strappa un sorriso.

Solo rocce e cielo, percorsi dal vento gradito, e l'oceano, arena di giochi e di prove continue.
Per chi lo attraversa e per chi lo incontra di tanto in tanto, come me.


Osservo tutta quell'acqua con entusiasmo commosso: si muove e gira, sposta, gonfia, poi scende... Respira scandendo la vita che contiene e che nutre.

Siedo sulle rocce calde e mi sporgo più  in là, verso il blu. Si vedono i pesci: ombre scure e corpi multicolori, più grossi, in superficie. Cercano cibo vicino alla costa. Vicini, vicini a me, proprio lì sotto, si muovono lenti e con eleganza. 
Sembrano in pace, indifferenti alle brutture del mondo al quale mi tocca tornare.

La Ilha do Sal, in che modo descriverla? 

Vaste distese di terra bruciata, grosse pietre e sassi. Poche sterpaglie, radi cespugli di piante stecchite: magro ma utile pasto ai pochi animali che vanno girando... Rivedo ancora quelle due capre, in posizione verticale sugli arti posteriori: una di fronte  all'altra, a masticare le foglie residue sulla cima più alta di una pianta striminzita...

All'orizzonte le sagome di qualche montagna, se così di può dire, così  brulle e asciutte da evocare la superficie lunare. Esibiscono un colore bruno, terroso e caldo, trasmettendomi un senso di nostalgica intimità.
Ampi spazi desolati, raramente percorsi da umani con sacchi ricolmi di merce poggiati sul capo, il passo allenato: gente che si orienta attraverso percorsi mai neppure segnati.


Il cielo poi rimanda una luce speciale, intensa e tanto brillante da procurare dolore alla vista. Sempre solcato da nuvole varie, un pò bianche e un pò scure, che scivolano via guidate dal vigore dell'aria.

Qui è facile confondere il sole e la luna: si mostrano entrambe in forma di pallida sfera: un enorme globo nel cielo.
La mattina e la notte.
La lua, dicono loro.


I locali vivono di poco, sospesi anch'essi nel tempo, così come il popolo acquatico. Sembrano galleggiare anche loro, fluttuanti nel caldo perenne, assenti e distratti, perduti in uno strano contagioso languore. Rimangono in giro, siedono davanti alla porta di casa, adocchiando i bambini che giocano liberi con quello che trovano in strada: graziosi elfi dallo scuro incarnato, coi capelli arricciati o ordinati in tante e folte treccine.
Una semplicità vivace che fa sana allegria.


Strade di ciottoli e terra battuta, pochissime auto, rifiuti ed arbusti,  container dismessi ormai rugginosi abbandonati un pò in giro.

Il tutto dà l'idea di randagio, come quei cani un pò sporchi e malandati che girano liberi ovunque, senza fare rumore. Li vedi spesso assopiti in mezzo alla strada, a contrastare quel vento nel modo che sanno.


   Al porto la giornata inizia alle tre di mattina: vanno gettate le reti per prendere "il vivo", minutaggio di pesce che serve da esca per la pesca del dì: tonni, serra, marlyn...
Verso la mezza, con il sole che brucia le spalle, le barche rientrano in porto, tra le grida delle donne che attendono di riempire le ceste per gli acquirenti in arrivo: rumori e colori, una sinfonia scomposta di azioni e di sguardi.


Quanti particolari potrei riportare, quante occasioni di stupore e piacere!

Ma la prima cosa che vedo ripensando a quel posto è l'immensa distesa di acqua blu, orientata e spinta da masse d'aria potenti, che si srotola verso la costa in mille direzioni diverse.
Il suo respiro mi parla dei viventi che incontra, sotto, sopra e d'intorno, omaggiati dalla luce abbagliante del giorno e dal lussuoso velo di stelle, numerose e brillanti. Tra loro c'é Marte, il puntino color del rame che arriva subito all'occhio.


Uno spettacolo che va solo vissuto.







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