Sfuma il mese di agosto tra le mie mani, la terra, la polvere di
cemento e una miriade di stelle luminose che ogni notte si esibiscono
brillando lassù, immerse in un oceano di aria scura svelata con la
complicità di una grande luna color latte.
Sono in una casa di campagna, una vecchia costruzione che il proprietario rinnova e ingentilisce ogni giorno con la sua arte e la sua pazienza. Con una maestria che ammiro di ora in ora, mentre osservo e mi muovo nei panni dell'aiutante operaio. Canottiera, pantaloni corti, i capelli raccolti, le comode scarpe antinfortunio e il perenne paio di guanti gialli. Non si lavora mai senza guanti! Per qualche ora di infrazione alla regola mi sono bucata con un ferro arrugginito. Chissà se mi verrà il tetano..
Qui la notte cantano i grilli, a migliaia. E io tengo aperta la finestra per accoglierne il dono. La zanzariera, che dal soffitto circonda il mio letto, lo rende miracolosamente possibile. In campagna, si sa, vola di tutto, e non tutto ci è amico!
Su una gamba ho un gonfiore da giorni: è dolente e rammenta di continuo che devo fare attenzione.
Qui il tempo scorre in modo diverso. Lo misurano la fame, la sete, e la stanchezza del corpo. Per il resto è aria, è terra è il profumo dell'erba, e la fatica del corpo che si muove in allegria attraverso l'azione.
Faccio cose che uso. Faccio cose che hanno una loro concreta
utilizzabilita'.
La giornata si consuma in un godimento continuo di vita attiva, più reale di quella che ogni giorno il risveglio mi impone in città. Lì il tempo lo misuro in modo diverso: con l'orologio. Arriva l'ora di alzarsi, di andare al lavoro, delle riunioni, le pause limitate, gli spostamenti necessari ... Ore che trascorro per lo più in ambienti chiusi, artificiali, a volte forzatamente sociali.
A
Ischia, tempo fa, feci la conoscenza di un uomo sereno, con le guance
arrossate per la lunga esposizione al sole. Disse che aveva fatto il
cuoco in un grande albergo per molto tempo, fino a quando non ne ha
potuto più.
Guadagnava bene, ma aveva voglia di sentire l'aria, il
calore del sole sul viso, di vedere la luce del cielo. E così si è messo
a lavorare la terra, ad abbellire e curare le piante rifinendo le aree
di incontro comune.
All'aperto, nella natura, in pace con se stesso e
con il mondo intero.
In cucina ci ho lavorato anch'io: gli
odori, i vapori, i rumori... Ti si attacca tutto addosso, ti entra nei
pori e ti si aggrappa ai capelli.
Nel lavoro d' ufficio non è
poi così diverso.Ho studiato con impegno per acquisire competenze che ritenevo e considero davvero importanti, ma delle quali oggi sembra importare davvero a pochi. Ad ogni confronto scorgo con dispiacere che sono altri i valori, ed altri gli obbiettivi perseguiti. Altro rispetto alle premesse e rispetto alle attese.
Vivo in un tempo che poco comprendo, la cui opacità alimenta un disagio spaesante che, però, svanisce in certi ambienti naturali e puliti. Puliti dalla folla indistinta, sempre impegnata a ridurre in orrendo indifferenziato banchetto ogni fiore di cui non sa gustare il profumo. Puliti dal rumore continuo da cui siamo aggrediti, e di cui perdiamo sovente memoria.
La vita in città si svolge spesso in modo inerziale, nell'impegno a ripetere routine ipnagogiche di cui non sappiamo privarci.
Così, di tanto in tanto, ci soffermiamo a vedere che ora s'è fatta.
Serena è la notte, e ricca di amichevoli toni. Mi parla di vita, allietando questo mio sfarzoso notturno estivo...